Sinodo, evangelizzare, non fare proseliti, "per condividere una cosa bella"
"Evangelizzare è svolgere
un servizio non solo per la Chiesa, ma per tutta la società. E' importante che i
cristiani imparino a riscoprire il loro ruolo nella società, una società che ha bisogno
di noi. Ma per noi credenti evangelizzare non significa tanto riempire i banchi
alla Messa della domenica". Tommaso Spinelli, catechista di giovani catecumeni
presso l’Ufficio catechistico della Diocesi di Roma, uditore al Sinodo sulla Nuova
Evangelizzazione, racconta così la sua esperienza. "Quello che spinge ogni evangelizzatore
- spiega - sono le esperienze fatte in prima persona. Il fatto di aver conosciuto
sacerdoti che si sono spesi fino all'ultimo per gli altri. Io ho conosciuto delle
cose talmente belle che non riuscirei a tenerle per me. Il solo pensiero che dei giovani
possano crescere senza questo messaggio integrale che riguarda l'esistenza mi toglie
l'aria". Una testimonianza in profonda sintonia con un'altra voce che arriva dal
Sinodo, quella di p. Samir Khalil Samir sj, islamologo, che partecipa come
'esperto' all'assemblea. "Annunciare la Parola - spiega - è un ordine che Gesù ci
dà nel Vangelo. Non è una questione di proselitismo o di propaganda. Non è una campagna
per promuovere la fede. Si tratta di dire a chi cerca una vita migliore, pacifica,
a chi cerca la serenità interiore, che noi abbiamo trovato la felicità attraverso
il Vangelo. Ho scoperto una cosa bella e perché ti voglio bene te la comunico.
Poi tu ne fai ciò che vuoi. Anche a livello del dialogo interreligioso è questo il
senso più profondo: condividere le cose più belle che abbiamo. Evangelizzare significa
annunciare che la 'Buona Novella' è un fattore di liberazione interna, di dominazione
di sé, per spiritualizzare la mia vita e capire il più povero. Ogni essere umano
cerca questo". (A cura di Fabio Colagrande e Paolo Ondarza, inviato della Rv al
Sinodo dei Vescovi)