A Vicenza, una mostra sulla ricchezza della tradizione cristiana in Etiopia
Oltre un centinaio di preziosi manufatti artistici: è questo il contenuto della mostra
intitolata “Aethiopia Porta Fidei. I colori dell'Africa cristiana”, presentata a Roma
e che sarà ospitata al Museo diocesano di Vicenza, dal 27 ottobre al 24 febbraio.
A presentarla, tra gli altri, il cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, e
il cardinale Demerew Souraphiel Berhaneyesus, arcivescovo di Addis Abeba. Il servizio
di Fausta Speranza:
Una storia religiosa
millenaria, prima giudaica e poi cristiana, fa dell’Etiopia un Paese definito provincia
dell’Oriente cristiano "casualmente" in terra d’Africa. La mostra mette in luce tale
storia attraverso icone, rotoli magici, croci, libri, strumenti. Reperti particolarissimi
per un’esposizione che ha anche una precisa finalità particolare: sostenere il progetto
della realizzazione di un’Università Cattolica intitolata a "San Tommaso d'Aquino"
in Etiopia. L’arcivescovo di Addis Abeba, cardinale Demerew Souraphiel Berhaneyesus:
“I nostri servizi educativi sono molto apprezzati dal popolo ed è il governo
etiopico che ha chiesto al Santo Padre Giovanni Paolo II di aprire lì un’università.
Questa università sarà molto importante per l’Etiopia, ma anche per tutto il Corno
d’Africa: quindi non solo per l’Etiopia, ma per la Somalia, per Gibuti, per l’Eritrea,
per il Sudan… Solo con l’educazione si può avere una coesistenza pacifica; con l’educazione
si può partecipare allo sviluppo del Paese; con l’educazione si può anche avere un
forte influsso sul Medio Oriente, dove si recano molti etiopici per lavorare come
domestici, come infermieri. Questa università sarà veramente molto importante”.
Un
significato in più per recarsi a visitare la Mostra, nelle parole del cardinale
Angelo Scola:
“La lunghissima tradizione esposta nella mostra comincia
addirittura le sue radici nel popolo ebraico e viene fatta risalire così lontano,
fino quasi alla Regine di Saba: piace collegare il grande poema del Cantico dei Cantici.
Riscoprire questa ricchezza serve a noi europei per perdere l’autoreferenzialità che
ci caratterizza. Non a caso siamo in decadenza - e questo dobbiamo dircelo apertamente
- non solo per ragioni demografiche, perché siamo tutti vecchi, e quindi stanchi in
quanto vecchi, ma anche per questa pronunciata autoreferenzialità che è derivata spesso
da un senso di superiorità che, pur avendo come radice ultima delle giustificazioni
dal punto di vista della storia, del pensiero e della cultura, non si giustifica mai
quando va oltre i limiti di una capacità di convivenza e di unità con tutta quanta
la famiglia umana. La ricchezza di questa Chiesa, che la mostra documenta, è un’occasione
e una provocazione per la nuova evangelizzazione in Europa”.
Impossibile
raccontare la particolarità di ogni reperto. Citiamo 40 icone di piccolissimo formato,
realizzate tra il XVI e il XVIII secolo, che sembrano sintetizzare, con intensi colori
l’immaginario religioso di un popolo, le radici della tradizione artistica in Etiopia.