Ddl corruzione. Catricalà: no "ping pong" tra le Camere. Il parere di Alberto Vannucci
Il ddl sulla corruzione approvato da Palazzo Madama. Il sottosegretario alla Presidenza
del Consiglio, Antonio Catricalà, spera che non ci sia alcun ping pong tra Senato
e Camera, perché – ha detto “tra le prime cause di mancato investimento estero in
Italia c'e' proprio la corruzione”. Per la Ue questo provvedimento può migliorare
il clima per le imprese. Alessandro Guarasci ha sentito Alberto Vannucci,
professore di Scienze Politiche a Pisa ed esperto del settore.
R. – Finalmente
a 20 anni da "Mani pulite", si configura un intervento normativo organico, pur con
le molte ombre che sono state evidenziate e che anch’io tendo a rilevare. Ci si fa
carico di un problema che in Italia è endemico, diffuso capillarmente, e che finora
era stato oggetto di una sorta di rimozione forzata dall’agenda politica.
D.
– Da molti viene giudicato un compromesso al ribasso il fatto che sia stata rinviata
l’incandidabilità dei condannati in via definitiva con pene superiori ai due anni.
Ci sarà una legge delega?
R. – Si delega a un eccessivo intervento del governo,
che comunque - visti i paletti posti dal disegno di legge - prevede comunque un intervento
soltanto su condanne definitive e superiori ai due anni. Ma sappiamo bene che in molti
casi la complessità e la durata dei procedimenti è tale per cui molti soggetti politici,
che sono comunque inquisiti e fortemente compromessi, potrebbero comunque avere una
possibilità di inserirsi nelle liste elettorali e quindi venire eletti.
D.
– Arriva la figura di un "super commissario": è una figura che può essere davvero
efficace, secondo lei?
R. – Temo proprio di no, perché, di fatto, sarà un super
burocrate che andrà in qualche modo a controllare e a verificare l’adempimento formale
da parte delle varie amministrazioni. Il rischio è quello di sovraccaricare di ulteriori
pratiche, procedure, compiti e incombenze, una amministrazione pubblica che già fatica
a gestire i carichi di lavoro ordinari. Non s’incide sulla realtà del fenomeno, se
non si prevedono poteri ispettivi.
D. – Non si è intervenuti, per esempio,
sul falso in bilancio, però nasce il reato di corruzione tra privati. Insomma, un
primo passo, secondo lei?
R. – Introdurre il reato di corruzione privata era
in qualche modo vincolante per l’Italia, vista la Convenzione europea che dovevamo
ratificare da più di 12 anni. Di fatto, questa figura che si è introdotta di corruzione
privata copre una realtà estremamente ampia, perché le tangenti non sono soltanto
quelle che si pagano a funzionari, a politici. Le tangenti purtroppo sono anche quelle
che inquinano i processi di mercato, quindi i rapporti fra soggetti privati. L’inserimento
di questa disposizione prevede, da un lato, la possibilità soltanto di intervenire
su querela di parte - e molto spesso sia i corrotti che i corruttori privati non hanno
alcun interesse a denunciare questo tipo di fatti illeciti - dall’altra, la pena massima
prevista è di appena tre anni, il che significa che la durata della prescrizione è
di solo sei anni e che non è possibile per la magistratura intervenire con attività,
come le intercettazioni telefoniche, per scoprire questo tipo di reati.