Secondo confronto televisivo tra Obama e Romney: i sondaggi premiano il presidente
Si è svolto ieri sera il secondo confronto televisivo tra i due candidati alla presidenza
degli Stati Uniti. Nel dibattito tra Obama e Romney, scandito dalle domande dei cittadini,
i due si sono dati battaglia sui temi caldi dal lavoro alle tasse, l’economia, l’immigrazione
ma anche la politica estera. Secondo i sondaggi, questa volta ha prevalso il presidente
Usa. Il servizio di Elena Molinari:
Un aggressivo
Barack Obama ha messo in dubbio ogni affermazione dello sfidante Mitt Romney nel secondo
confronto televisivo fra I due, decisivo per la conquista della Casa Bianca. E si
è aggiudicato così una vittoria, per lo meno fra gli spettatori di ieri notte. Ci
vorranno però giorni per sapere se la serata ha mosso preferenze di voto. Il presidente
ha accusato lo sfidante di voler aiutare i più ricchi a spese della classe media.
Ma il repubblicano ha respinto l’accusa. “La verità – ha detto è che la classe media
è stata spremuta negli ultimi quattro anni”. Scambi di opinioni accesi come questo
si sono ripetuti per i 90 minuti della partita giocata di fronte a milioni di elettori,
a meno di tre settimane dal voto. Obama ha di certo imparato la lezione di due settimane
fa, e non ha ripetuto la performance apatica del primo duello con Romney, che ha nel
frattempo conquistato preziosi punti nei sondaggi. I rivali si sono trovati in disaccordo
su tasse, deficit, energia, facendo uno sforzo visibile di rimanere calmi in un appuntamento
così decisivo. Hanno cercato entrambi di conquistarsi le simpatie del ceto medio con
promesse di nuovi impieghi. Ma lo scontro più teso si è avuto sulla Libia, quando
Romney ha accusato, erroneamente, il presidente di aver mentito sulla natura dell’attacco
contro il consolato Usa. Un teso Obama ha smentito, raccogliendo il plauso del pubblico.
E
su questa questione Obama si è assunto la piena responsabilità di quanto accaduto
a Bengasi. Sondaggi concordi nel definire il presidente vincitore di questo confronto,
ma questo basterà a compensare la sconfitta del primo faccia a faccia a Denver? Massimiliano
Menichetti ne ha parlato con Paolo Mastrolilli che ha seguito il dibattito
per il quotidiano La Stampa:
R. – Certamente,
il presidente è sceso in campo con molta più energia di quanto avesse fatto a Denver:
molto più deciso, molto più determinato ad attaccare il suo avversario, molto più
preparato – anche – nello spiegare quali sono le sue politiche e la sua visione per
i prossimi quattro anni per gli americani, e nel criticare le proposte del suo avversario.
D.
– Tutti parlano di uno scivolone di Romney sul caso-Bengasi …
R. – Romney ha
detto che il presidente non aveva parlato di un atto di terrorismo, appunto, riguardo
all’attacco contro il consolato americano; in realtà, in un discorso che aveva fatto
al Rose Garden, il giorno dopo quel tragico evento, lui aveva detto che si era trattato
di un attacco di terrore. Romney ha anche sottolineato il fatto che però l’intera
amministrazione, in particolare l’ambasciatrice all’Onu, Rice, ma anche il segretario
di Stato, Hillary Clinton, per molti giorni avevano detto che la responsabilità di
quell’atto è legata al video che aveva indispettito la popolazione araba e per molti
giorni avevano sostenuto, in sostanza, che si fosse trattato di una reazione spontanea
a quel video. Mentre invece, poi, la realtà ha dimostrato che si era trattato di un
atto terroristico organizzato da estremisti legati ad al Qaeda.
D. – Su questo
punto Obama si è ripreso la responsabilità, riassumendo il ruolo di presidente …
R.
– Bè, certo, non poteva lasciare che il segretario di Stato si assumesse la responsabilità
completa e che lui, in sostanza, si nascondesse dietro Hillary Clinton. Anche perché
il prossimo dibattito – il terzo – sarà incentrato sulla politica estera e questi
temi torneranno.
D. – Economia, lavoro, Libia: certamente i temi principali.
Ma Obama si è riferito anche alla contraccezione, guardando all’elettorato femminile,
garantendola a tutte. Puntualizzazione che guarda alla sua riforma sanitaria, tanto
criticata in ambienti cattolici per l’obbligo ad ospedali e cliniche di dotarsi di
strumenti per contraccezione e aborto. Su questo punto, Romney non ha preso le distanze
…
R. – Certamente sulla questione della vita, sulla questione dell’aborto,
su queste questioni etiche Romney è su posizioni più vicine a quelle della Chiesa
cattolica. Però, naturalmente anche lui ha il problema di dover riconquistare l’elettorato
femminile. E proprio perché negli ultimi giorni ha visto salire le sue quotazioni
tra questo elettorato, che è fondamentale per Obama, probabilmente a questo punto
non ha interesse a marcare questa differenza di opinione che potrebbero penalizzarlo.
E quindi ancora una volta, l’interesse strategico di Romney per vincere queste elezioni
prevale, probabilmente, sulle convinzioni etiche in materia.
D. – Ora si attende
il terzo confronto tra Obama e Romney. Ma come li stanno guardando, gli americani?
R.
– Il problema è che gli americani in queste elezioni sono indecisi. Chiaramente, le
cose non vanno bene: l’economia fatica a riprendersi, c’è un po’ di delusione, naturalmente,
per come le cose sono andate in questi quattro anni. E quindi, gli elettori vogliono
capire, da questi dibattiti, quale sia la persona che ha le idee migliori per cercare
di farli effettivamente ripartire.
D. – A Denver, il 3 ottobre scorso, Obama
ha subito una netta sconfitta. Oggi, invece, ha riguadagnato punti. Questo basterà
per arginare i danni di Denver?
R. – E’ difficile dirlo. In termini di proporzioni,
la vittoria che ha ottenuto in questo dibattito – ammesso che di vittoria si tratti
– certamente non è stata uguale al successo che aveva ottenuto Romney; l’altro problema
è che naturalmente il primo dibattito – quello di Denver, che ha avuto un grandissimo
pubblico, circa 70 milioni di spettatori – ha la capacità di influenzare maggiormente
gli elettori. E quindi è difficile che questa seconda prestazione basti ad Obama per
recuperare i danni che ha fatto a Denver. Ci vorrà di più, nel prossimo dibattito,
nel resto della campagna, per cercare di rimettere le cose nella direzione a lui favorevole.