Il Sinodo incoraggia i movimenti ecclesiali. Il Papa convoca a giugno tutti i nunzi
nel mondo
La Chiesa accolga i carismi e i movimenti ecclesiali come una nuova primavera per
una nuova evangelizzazione: questa l’esortazione lanciata ieri mattina dal Sinodo
dei vescovi, in corso in Vaticano. I presuli hanno anche richiamato la necessità di
una soluzione alla crisi economica globale. Nel corso dei lavori il cardinale Bertone
ha annunciato che il Papa ha convocato a giugno in Vaticano, tutti i nunzi del mondo,
per un "incontro di riflessione" come avvenne nel Giubileo del 2000. Ieri pomeriggio,
i lavori sono proseguiti con la “Relazione dopo la discussione”, presentata dal cardinale
Donald Wuerl, arcivescovo di Washington e relatore generale del Sinodo. Il servizio
di Isabella Piro:
Una nuova primavera
per una nuova evangelizzazione: è ciò che i carismi, i movimenti ecclesiali e le comunità
portano alla Chiesa. Ma essa deve essere incoraggiata ad accogliere tali frutti, discernendoli
nel segno della comunione. Il Sinodo dei vescovi riflette su questo tema facendo anche
autocritica: talvolta i sacerdoti sono poco preparati sull’argomento e non vogliono
prendersene cura, rivelando una certa stagnazione spirituale. Ne deriva, evidenziano
i vescovi, che i carismi si spengono, restano soli e talvolta diventano inclini alla
contestazione del magistero della Chiesa. La nuova evangelizzazione, dunque, non li
dimentichi e metta a frutto le loro potenzialità.
Poi, il Sinodo affronta
la questione della crisi economica globale, ostacolo alla nuova evangelizzazione perché
costringe l’uomo a soddisfare solo i bisogni vitali, come quello del cibo. Ma in questo
modo, dicono i presuli, crisi sociale e crisi di fede si equivalgono e l’annuncio
del Vangelo viene schiacciato dall’incudine economico. Di qui, il suggerimento di
creare una struttura finanziaria basata su esperienze ecclesiali che mettano in atto
un’economia di comunione e un credito sociale. Solo così, afferma il Sinodo, si otterrà
un sistema finanziario immune dai debiti e a servizio dell’uomo. La Chiesa, quindi,
deve essere capace di scoprire come affrontare il problema economico in un modo rispettoso
dell’ecologia della persona umana.
Sulla stessa linea, anche l’invito del
Sinodo a migliorare la qualità della vita delle donne e dei bambini, perché la nuova
evangelizzazione sarà significativa solo quando terrà conto di tale obiettivo.
Il
cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, nel suo intervento, ha parlato dei
rappresentanti pontifici, ricordandone il ruolo di vigilanza sulla libertà della missione
della Chiesa che talvolta, nel mondo, registra gravi restrizioni. Tale vigilanza,
ha affermato, non è una ricerca di privilegi anacronistici, ma garantisce la missione
della Chiesa che ha benefici sulle altre religioni e sull’intera società, grazie al
servizio prestato alla causa della pace e dei diritti fondamentali dell’uomo. Quindi,
ha annunciato, per il prossimo mese di giugno a Roma, un incontro di riflessione di
tutti i nunzi, i delegati apostolici e gli osservatori permanenti, affinché la loro
missione possa rinnovarsi e perfezionarsi per essere all’altezza delle esigenze dei
tempi.
Il Sinodo torna, poi, ad affrontare la questione dell’evangelizzazione
nei Paesi a maggioranza islamica: qui spesso i cristiani sono ritenuti cittadini di
serie B, le leggi limitano la libertà di culto, la violenza sfigura il dialogo interreligioso.
Eppure, dice l’Assemblea, la nuova evangelizzazione è possibile anche in questi contesti,
soprattutto grazie alle opere educative e di carità, che mostrano una Chiesa presente
al di là delle sue dimensione reali.
Altro strumento centrale per un nuovo
annuncio del Vangelo è la parrocchia: in particolare nelle metropoli multietniche
e multireligiose, essa deve superare l’analfabetismo religioso contemporaneo, proporre
la Messa domenicale come esperienza forte di una fede creduta, professata ed annunciata,
ma deve soprattutto ritrovare il suo slancio missionario. Diceva infatti Giovanni
Paolo II: “Parrocchia, trova te stessa, fuori di te stessa!”.
Ieri pomeriggio,
invece, il Sinodo ha ascoltato gli interventi dei delegati fraterni, tra cui il Metropolita
Hilarion, rappresentante del Patriarcato di Mosca, che ha lanciato un appello alla
stretta cooperazione tra i cristiani per affrontare le sfide acute e minacciose della
contemporaneità, tra cui secolarismo ed ateismo, e per fronteggiare insieme le persecuzioni
che subisce oggi la cristianità.
Alle sue parole fanno eco quelle degli altri
delegati fraterni presenti all’Assise: battisti, metodisti, anglicani, tutti richiamano
l’imperativo ecumenico come primo strumento dell’evangelizzazione e sottolineano l’urgenza
di difendere la libertà religiosa, sotto assedio in molti modi, sia subdoli che evidenti.
L’evangelizzazione, dicono i delegati fraterni, è la ragion d’essere della Chiesa
ed il successo dell’annuncio del Vangelo è legato alla credibilità di chi lo porta
nel mondo. Di qui anche il richiamo alle opere di carità ed alla formazione delle
comunità ecclesiali, per trasmettere la fede a chi non appartiene più a nessuna chiesa.
I Padri sinodali hanno ascoltato infine la testimonianza di frère Alois, priore
della Comunità di Taizé, invitato speciale all’assemblea. Al centro del suo discorso,
l’ecumenismo della preghiera che non incoraggia una tolleranza superficiale, ma favorisce
un profondo ascolto reciproco e un autentico dialogo. La divisione dei cristiani è
un ostacolo alla trasmissione della fede – continua frère Alois – perché per le giovani
generazioni la ricerca dell’unità diventa irresistibile. Quindi, l’esortazione affinché
le Chiese locali, le parrocchie, le comunità, i gruppi siano innanzitutto luoghi di
comunione, in cui si dà fiducia ai giovani e ci si sofferma anche sui più deboli,
su coloro che non condividono le nostre idee.
Al Sinodo è stata ribadita l’importanza
dei laici per la Nuova Evangelizzazione ed è stato sottolineato anche l’apporto che
i nuovi movimenti stanno dando. Presente ai lavori, in qualità di uditrice, Maria
Voce, presidente del Movimento dei Focolari. Paolo Ondarza l’ha intervistata:
R. – Mi sembra
ci sia una grande gioia nel riconoscerci tutti Chiesa. Anche i pastori se ne stanno
rendendo sempre più conto, ma mi sembra che sia anche importante rispettare la specificità
dei carismi che ognuno porta perché sono doni di Dio e non si possono mescolare così
indifferentemente. Allo stesso tempo bisogna sapere che ognuno di questi doni serve
alla costruzione dell’insieme e quindi che quel dono specifico che porta il Movimento
dei Focolari, o che porta la Comunità di Sant’Egidio, o che porta il carisma di un
vescovo, deve integrarsi con tutti gli altri carismi proprio per la costruzione del
Corpo di Cristo che è la Chiesa. Mi sembra che in questo senso ci sia ancora cammino
da fare.
D. – Un cammino da fare all’interno della comunità ecclesiale, ma
anche un cammino fuori dalla Chiesa, quindi verso i non credenti…
R. – Certamente.
Anche una persona che non ha principi religiosi o che non si riconosce in principi
religiosi ha senz’altro qualcosa da donare. In questo senso mi sembra che i laici
abbiano la specificità di andare incontro alle persone, non a quelle che vengono in
chiesa, ma a quelle che sono fuori dalla chiesa, ma alla ricerca di una risposta alla
domanda di senso della vita che tutti gli uomini hanno. Noi testimoniamo il Vangelo
attraverso l’amore e nessuno è indifferente all’amore, nessuno rifiuta di essere amato!
Quando si stabilisce un rapporto di amore è facile poi passare dalla carità alla verità.
D.
– Ci sono esperienze che secondo lei possono arricchire la riflessione sulla Nuova
Evangelizzazione, sulla trasmissione della fede, proprie del Movimento dei Focolari?
R.
- La testimonianza della comunione: cioè, che se siamo uniti Gesù è fra noi e se Gesù
è fra noi è lui che testimonia se stesso. Noi questo lo abbiamo sperimentato soprattutto
nella diffusione del movimento perché non si può pensare a una diffusione così ampia
se non per un agente soprannaturale che noi riteniamo sia proprio la presenza di Gesù
che ci ha portati in tutto il mondo. E’ Lui che ha fatto apprezzare la Chiesa attraverso
di noi, in ambienti anche diversi, come possono essere i movimenti buddhisti o il
movimento del Rissho Kosei-kai in Giappone o gli animisti nel Camerun, per fare solo
qualche esempio.
D. – In un mondo dove l’uomo contemporaneo che cerca la spiritualità
spesso giunge a soluzioni di sincretismo religioso, porsi in dialogo con le altre
religioni rappresenta una sfida nella quale voi state riuscendo, pur rimanendo radicati
nella vostra identità...
R. – E’ difficile dire “siamo riusciti”, è sempre
un tentativo che si fa e si ripete tante volte. Però è vero che noi ci teniamo molto
a essere noi stessi e quelli che ci invitano sanno che invitano persone che sono cristiane,
sanno che ci poggiamo su questa roccia fondamentale e ci apprezzano per questo.
D.
– Qual è il suo augurio per questo Anno della fede appena iniziato?
R. – Dobbiamo
sperare per quello che sta emergendo da questo Sinodo: il desiderio di tornare ad
annunciare la nostra fede nella carità, rendendoci conto anche di tanti sbagli che
possiamo aver fatto, ma senza aver paura perché Gesù è ancora con noi.