2012-10-15 17:19:46

Un ricco nel Regno dei cieli? Difficile, ma non impossibile


RealAudioMP3 "I francescani non erano nemici della ricchezza in sé, erano anzi alleati dei mercanti. Credevano infatti che la ricchezza che viene fatta circolare, che diventa ricchezza produttiva, è un mezzo per combattere la povertà non-scelta". Luigino Bruni, ecomomista docente all'università di Milano-Bicocca, torna sulle parole di Benedetto XVI all'Angelus di domenica 14 ottobre. Il Papa, commentando il vangelo di Marco, ha ricordato che è difficile, ma non impossibile, per un ricco entrare nel Regno dei cieli e che molti nella Storia della Chiesa hanno usato i propri beni in modo evangelico. "Senza una ricchezza 'condivisa' e usata 'produttivamente' per creare opportunità per gli altri - spiega Bruni - non si esce da nessuna forma di indigenza. Come i francescani anche noi dobbiamo condannare la ricchezza bloccata, rinchiusa nei forzieri, rispetto a quella che circola e crea produttività". "Resta valida però - aggiunge Bruni - l'affermazione di Gesù che se il ricco non trova queste forme di condivisione e non fa dei suoi beni dei 'ponti', difficilmente entra nel Regno dei Cieli. La prima forma di 'povertà' del ricco che non sa condividere è l'incapacità di vedere l'importanza del Regno di Dio. Ma se la vede, si accorge che c'è un uso più bello dei beni quando vengono condivisi". "Le parole del Papa - conclude l'economista - sono di grande attualità: perché oggi, per superare la crisi, bisogna promuovere la ricchezza 'sociale', rimettere al centro della produzione il lavoro, tassare le rendite e non l'impresa. Solo così possiamo aiutare chi è povero". "Nell'attività che creano ricchezza, che prevedono l'utilizzo del capitale, dell'investimento, per creare benessere e reddito per tutti, non c'è però solo l'attività manufatturiera ma anche quella finanziaria". Lo sostiene Roberto Mazzotta, presidente dell'Istituto Luigi Sturzo, banchiere e politico italiano. "L'unica discriminante è quella dell'avidità, che non è solo un brutto peccato ma anche un rischio non gestibile. Chi è avido e usa male le sue risorse per avere tutto e subito, in genere esce morto da questa esperienza". "Non ho mai visto - continua Mazzotta - gente esclusivamente avida che non sia stata distrutta dai suoi difetti e dalle sue tentazioni. Ovviamente l'avidità trova più spazio nell'intermediazione finanziaria, ma è un germe che può essere presente ovunque. La finanza non avida, rispettosa delle regole, resta uno strumento indispensabile della produzione. Ma non deve degenerare". (A cura di Fabio Colagrande)







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