Siria: 33 mila le vittime per i ribelli. Il mediatore Brahimi in Turchia
In Siria almeno 95 persone sono morte ieri negli scontri fra attivisti e forze militari
governative. Aspra la battaglia nella provincia di Idlib e di Aleppo, dove i ribelli
hanno abbattuto un aereo dell'esercito. Sotto assedio in queste ore anche la città
di Homs. Drammatica la situazione umanitaria nel paese, dove gli ospedali sono al
collasso per l’enorme flusso di feriti. Secondo l’Osservatorio locale per i diritti
umani sono più di 33mila le vittime dall'inizio, nel marzo dello scorso anno, della
rivolta anti regime.
Intanto si inaspriscono le tensioni con la Turchia che
avverte: “Risponderemo senza esitazione se la Siria violerà ancora una volta il confine
tra i due paesi”. Una situazione che ieri è stata al centro di un incontro ad Istambul
fra l’inviato delle Nazioni Unite e della Lega Araba per la pace in Siria Brahimi
e il ministro degli Esteri turco Davutoglu. Benedetta Capelli ha sentito Giuseppe
Bettoni, docente di Geopolitica all’università Tor Vergata di Roma
R. - La Turchia
cerca di imporre sempre di più - come ormai fa da qualche anno - un ruolo di leadership
politica ed economica, ma anche militare, nell’area vicina e in quella mediorientale.
La Siria in qualche modo non cerca di provocare la Turchia per una ragione precisa:
ciò che comunque Damasco teme di più è - paradossalmente - una sorta di alleanza turco-curda,
nonostante i terribili rapporti tra di loro, perché in quel caso si ritroverebbe veramente
con un’opposizione molto compatta, cosa che Damasco vuole evitare ad ogni costo.
D.
- Il rapporto tra la Turchia e i curdi come può cambiare proprio alla luce del conflitto
siriano?
R. - È già cambiato molto, perché non dobbiamo dimenticare che nel
novembre del 2011 Erdogan ha fatto delle scuse ufficiali alla comunità curda a nome
della Turchia, per il massacro di decine di migliaia di curdi a Dersim tra il 1937
e il 1938. I turchi, comunque, guardano sempre con difficoltà al rapporto con i curdi,
ma in ogni caso cercano di stabilire un legame positivo, perché sanno che non potranno
mai fare nulla di importante se non hanno anche l’accordo dei curdi. Non a caso si
negozia. è quasi certa la grazia di Ocalan, il leader del partito curdo. C’è una sorta
di distensione in tutte queste difficoltà tra turchi e curdi. Fin dove arriverà e
se si riuscirà ad arrivare veramente a un accordo, tutto questo non possiamo saperlo.
Certo è che Erdogan lavora in questo senso e quindi bisognerà un po’ capire quale
sarà l’evoluzione.
D. - In caso di un coinvolgimento molto più diretto della
Turchia nel conflitto siriano, come possono cambiare le relazioni tra la Turchia,
la Russia e la Cina, che sono poi gli alleati storici della Siria?
R. - Io
non credo che la Turchia farà il minimo intervento militare in Siria, un intervento
vero, autentico: un dispiegamento di forze a terra senza un accordo dei russi. È vero
che i russi dal momento che hanno un porto importante in Siria, hanno un rapporto
buono con Assad, ma è anche vero che quando i siriani hanno bombardato i villaggi
di frontiera, gli stessi russi hanno tenuto in stand by la loro difesa, dicendo:
“La Turchia è un nostro partner quanto la Siria”. Quindi, Assad rischia di perdere
anche l’appoggio dei russi. Non credo che i turchi interverranno in modo importante
né senza un accordo della Nato né senza un accordo dei russi. E soprattutto, prima
di farlo, vorranno un 'intesa con i curdi stessi che - lo ricordiamo - occupano l’80%
dei villaggi di frontiera tra Turchia e Siria. Aprire un fronte a nord, quindi, sembra
quasi impossibile e significherebbe, per Erdogan, mandare delle truppe di terra per
affrontare i battaglioni curdi che si oppongono ad Assad e le forze di Assad stesse.
Sarebbero due nemici in uno e neanche i turchi possono affrontarli. Pensiamo poi alle
conseguenze in termini di vite umane. C’è un rapporto tra turchi e curdi che si sta
costruendo e che deve essere portato avanti. Non è facile perché comunque i curdi
non vedono di buon occhio il tentativo di ingerenza della Turchia: temono infatti
un eccessivo potere di Ankara in quell’area e loro sono contrari.