Le aziende marchigiane: per uscire dalla crisi più export ma serve rivitalizzare il
mercato interno
Il ‘capitalismo familiare’ della Marche sembra in grado di poter superare la crisi.
Secondo i dati di Confindustria di Ancona nel trimestre aprile giugno 2012 la produzione
industriale ha fatto segnare un – 5.2%, ma nei primi sei mesi dell’anno le esportazioni
sono aumentate del 6.4%. Alessandro Guarasci
Circa 3600 le aziende marchigiane,
la maggior parte delle quali con meno di dieci dipendenti. Per sopperire alla crisi
del mercato interno molte di esse sono andate all’estero, proponendo i prodotti di
punta del made in Italy. Meccanica, tessile, calzaturiero i settori di punta. Fiorella
Tombolini, dell’omonima ditta d’abbigliamento.
“Quali scelte servono in
questo momento per affrontare la crisi? Una è appunto l’internazionalizzazione; un’altra
è senz’altro l’innovazione forte del prodotto, molto radicato e segnato culturalmente;
e, terzo punto, un’etica trasversale nei rapporti e nelle relazioni, che aiutino molto
una prospettiva futura. Riteniamo che veramente l’Italia ce la possa fare e dobbiamo
lavorare sul costo del lavoro”.
Per Stelvio Lorenzetti, amministratore
delegato della Eko di Montelupone e presidente dell’Ucid di Macerata, le aziende devono
reinventarsi
“Cercare di aprirsi ai mercati esteri, cercare di vedere come
poter risvegliare il mercato italiano, produrre nuovi prodotti, importare nuovi prodotti.
Uno dei motivi in questo momento della crisi del mercato italiano non è sicuramente
solo l’accesso al credito, è un calo dei consumi generalizzato. La mia risposta alla
sua domanda è che forse fino adesso noi italiani, il mercato italiano era drogato.
C’era un troppo accesso facile al credito”.
Dalla crisi quindi si esce
anche con più valori umani