2012-10-13 14:19:16

Il patriarca Twal: cresce il fanatismo religioso in Medio Oriente, non lasciateci soli!


Le speranze e le difficoltà della piccola comunità cristiana di Terra Santa: ne ha parlato al Sinodo il patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal. Paolo Ondarza gli ha chiesto perché per trasmettere la fede al mondo contemporaneo - come ha detto nel suo intervento - è importante riscoprire la Terra Santa:RealAudioMP3

R. – Perché la fede è nata là, è cominciata là. Là è stata genuina, là è stata forte. La causa era Gesù stesso e per questa causa i discepoli, tutti i fedeli, erano disposti anche a morire. La domanda che oggi rivolgo a noi, ai nostri giovani, ai nostri sacerdoti è: abbiamo o non abbiamo una causa per la quale lottare, per la quale sperare, per la quale essere disposti a morire? Io ho paura della monotonia della vita cristiana.

D. – L’esempio della prima comunità cristiana di Gerusalemme può servire da modello per rinnovare la Chiesa di oggi?

D. – Sì, l’ha detto il Santo Padre: la comunità cristiana di Gerusalemme è il modello. Il modello perché era assidua nella preghiera, nella frazione del pane e nella carità. Il servizio ai fratelli può assumere molteplici forme. Così accade in Terra Santa: ospedali della Caritas, scuole che formano i giovani a dialogare tra loro ebrei, musulmani, cristiani… Ecco perché dico che tutto deve ripartire dalla Terra Santa.

D. – Nonostante la centralità che la Terra Santa riveste, oggi se ne parla poco. Eppure questa terra continua ad essere lacerata da violenza, da ingiustizia e insicurezza?

R. - E’ vero, se ne parla poco perché il focus, l’attenzione mondiale è ormai concentrata verso la Siria. Ma anche se politicamente, per il momento, siamo messi da parte, non possiamo tacere la realtà della ricchezza della Terra Santa.

D. – I cristiani della Terra Santa come vivono la nuova evangelizzazione?

R. - Quello che è nuovo è il contesto in cui viviamo. Infatti, il contesto nuovo per la Terra Santa è disegnato dalla primavera araba. Questo fenomeno lo definisco come un vero caos: c’è infatti tanto fanatismo religioso, musulmano ed ebraico, l’uno peggio dell’altro, che sta crescendo. Noi cristiani di Terra Santa è qui che dobbiamo vivere, queste sono le sfide che dobbiamo raccogliere. Per questo ho chiesto stamattina a tutti i confratelli al Sinodo di pensare a noi, di pregare per noi, perché, francamente, non amiamo essere soli. Parlando dell’Italia, poi, posso ripetere che l’Italia è stata la più vicina a noi e di questo sono molto grato.

D. – L’emigrazione dei cristiani è dovuta alla paura: sono spaventati da quanto sta accadendo, dai mutamenti politici dei Paesi del Medio Oriente, dall’insicurezza che sempre più si respira?

R. – Sì… Io sempre invito i cristiani a rimanere nonostante tutto perché la nostra presenza è una missione. Tuttavia tanti non ascoltano i miei appelli e decidono di partire. Non vedono alcun futuro possibile, né alcuna speranza di pace. Io li capisco, capisco le preoccupazioni per i loro figli… Peccato, ma dobbiamo accettare la loro decisione.

D. – Il pellegrinaggio in Terra Santa invece può essere un incoraggiamento per loro?

R. – Sì, certamente i pellegrinaggi danno l’impressione che non siamo soli. Se nei numeri siamo una minoranza, con tanti pellegrini diventiamo una maggioranza assoluta! I pellegrini ci trasmettono il sentimento che tutta la Chiesa è con noi, vengono a pregare con noi e per noi, per la pace, per tutti gli abitanti della Terra Santa!

Ultimo aggiornamento: 14 ottobre 2012







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