Mosca coinvolta nelle tensioni tra Siria e Turchia per le armi sul volo russo
Continua a salire pericolosamente la tensione tra Siria e Turchia, in una guerra di
accuse che coinvolge ora anche la Russia, all'indomani del blitz dei caccia militari
turchi che su ordine del premier Erdogan hanno intercettato un aereo di linea siriano
in volo fra Mosca e Damasco. Intanto anche ieri oltre un centinaio le vittime delle
violenze tra militari ed insorti. Il servizio è di Marina Calculli:
La tensione
tra Siria e Turchia esplode dopo la deviazione del volo di linea siriano proveniente
da Mosca che le autorità turche hanno fatto atterrare e perquisire. “A bordo - sostiene
Ankara - abbiamo trovato equipaggiamento militare e munizioni con il marchio di un
grande produttore russo ”. Il sequestro sarebbe dunque in linea con l’embargo sulla
vendita di armi a Damasco. Ma la Siria replica: è stata “un’aggressione, un atto di
pirateria che avrebbe potuto mettere in pericolo i 37 passeggeri a bordo”. La guerra
c’è dunque, anche se per ora soltanto verbale. E tuttavia il quotidiano turco Hurryiet
non usa giri di parole: “la Turchia è prontissima al conflitto”. E la querelle per
di più chiama in ballo anche la Russia, a poco più di un mese da una visita ufficiale
del presidente Putin in Turchia. Intanto sul terreno i ribelli annunciano di controllare
importanti posizioni strategiche nel nord-ovest e buona parte dell’autostrada Damasco-Aleppo.
Ieri sera infine una bomba è esplosa nella capitale in pieno centro vicino alla celebre
piazza degli Omayadi.
E come abbiamo già detto, tra Damasco e Ankara sale
sempre più la tensione, soprattutto dopo che la Turchia ha costretto all’atterraggio
sul proprio territorio un aereo siriano proveniente dalla Russia contenente materiale
bellico. Giancarlo La Vella ha intervistato Stefano Torelli, esperto di Medio Oriente
del sito “Equilibri.net”:
R. – Questo
è il frutto di una politica non chiara da parte di tutti gli attori internazionali.
Quindi la necessità di intervenire o agire per far sì che questo conflitto interno
possa evolversi in modo o nell’altro purtroppo, evidentemente, sta creando questa
situazione in cui la Siria diventa oggetto di attenzione da parte degli attori internazionali
e probabilmente, come stiamo vedendo, diventa destinazione di aiuti finanziari e militari
da parte di vari attori statali.
D. – Questa situazione è quella che consente
al regime di Assad di rimanere in sella?
R. - Da un lato sì, probabilmente.
Il fatto che, innanzitutto a differenza di quanto accaduto per esempio in Libia, nessun
attore esterno abbia deciso - seppur qualcuno lo abbia auspicato - di intervenire
direttamente nel Paese, fa sì che le forze del regime attualmente sul campo, evidentemente
ancora più forti di quelle dei ribelli, restino in sella. D’altro canto c’è anche
da dire che lo stesso regime ha più vita facile nel giocare la carta propagandistica
puntando il dito contro tentativi di destabilizzazione che vengono dall’esterno cercando
di far credere anche a quella parte di popolazione che ancora è dalla parte del regime
che sia in atto una sorta di complotto internazionale contro Assad.
D. – Chi
è che vuole che invece il gruppo degli insorti vada al potere, considerando che non
si è ancora capita l’anima o le anime dei miliziani?
R. – Sì, in realtà se
fossimo davanti a un gruppo di opposizione ben definito, omogeneo, evidentemente tutti
gli attori che auspicano una caduta del regime accetterebbero più di buon grado e
probabilmente cercherebbero di accelerare questa transizione per far sì che si possa
passare a una buona fase. Infatti, anche il regime di Assad dal punto di vista strategico,
politico, militare, è diventato scomodo per molti vicini; pensiamo a quello che sta
accadendo ai confini con la Turchia, per esempio. D’altro canto, il fatto che queste
forze di opposizione siano anche molto frammentate tra di loro e non sia ancora chiara
né quale sia l’anima preponderante di questo movimento di opposizione, né quante siano
ancora queste anime del gruppo di opposizione, questa ambiguità fa sì che anche quegli
attori internazionali, che più di tutti spingerebbero la caduta del regime, siano
un po’ frenati.