Mons. Conry: nessun pessimismo di fronte alla crisi di fede
La crisi cha attraversa la fede in Europa è un problema che i cristiani di tutte le
confessioni sono chiamati ad affrontare insieme. Al Sinodo, il tema è stato toccato
anche dal primate anglicano, Rowan Williams. In Gran Bretagna, come nel resto dell’Occidente
si assiste ad una crescente secolarizzazione, ma per i Padri sinodali la crisi può
essere anche un’occasione di rilancio del Vangelo. Lo conferma mons. Kieran Thomas
Conry, vescovo di Arundel e Brighton, della Conferenza episcopale di Inghilterra
e Galles. L’intervista è di Paolo Ondarza:
R. – Viviamo sicuramente un momento
di crisi per la fede, ma se osserviamo nella storia la Chiesa ha attraversato e superato
vari momenti di crisi, quindi non dobbiamo essere troppo pessimisti. Viviamo non tanto
un secolarismo aggressivo, piuttosto c’è una certa indifferenza nei confronti della
fede. Ma dobbiamo recuperare fiducia, io sono ottimista per i lavori del Sinodo; saranno
un aiuto per la Chiesa universale, contribuiranno a costruire un futuro migliore per
la Chiesa.
D. - Lei parlava di un momento di crisi, ma la crisi – è stato
detto in aula – può rappresentare anche un’opportunità…
R. - Certo. Qualcuno
una volta ha detto: la Chiesa ha attraversato momenti di crisi dal momento in cui
il gallo ha cantato tre volte. Quindi, non dobbiamo spaventarci: non è una novità
vivere attraversare un momento di crisi.
D. - Perché in Europa, ma allargando
l’orizzonte, nel mondo occidentale oggi si tende a considerare la fede come un fatto
privato?
D. - Siamo in un mondo caratterizzato dall’individualismo, abbiamo
perso il senso della comunità, della famiglia, di una vera società. Dagli anni ’60,
prima del Concilio, il mondo è cambiato ed è iniziato un periodo di “globalizzazione”
culturale che ha sfaldato le tradizioni locali.
D. - Oggi, la frontiera dell’evangelizzazione
si è allargata se pensiamo all’avvento di Internet e dei social network. Strumenti
che la Chiesa già sta utilizzando per la nuova evangelizzazione…
R. - Specialmente
per i giovani: Internet è il loro mondo, comunicano fra loro attraverso il web, Twitter,
Facebook e noi dobbiamo essere lì. Certo, è un mondo in cui la comunicazione è un
po’ artificiale, superficiale, mentre il messaggio che noi portiamo, il Vangelo, non
è superficiale ma è più profondo. Quindi, dobbiamo imparare ad bilanciare quel modo
di comunicare con il messaggio del Vangelo.
D. - Non si possono comunicare
nella loro profondità concetti come quelli espressi nel Vangelo in un tweet?
R.
- No, credo di no. Sicuramente, però, è possibile iniziare attraverso un tweet un
discorso sul Vangelo. Poi, per l’approfondimento occorre intraprendere un discorso
diverso, a livello personale, non attraverso il web.