Sinodo: l'intervento del primate della Comunione anglicana Rowan Williams
Erano presenti alla solenne Messa di apertura dell’Anno della Fede, presieduta ieri
da Benedetto XVI, anche i partecipanti al Sinodo dei vescovi, in corso in Vaticano
sul tema della nuova evangelizzazione. Nel pomeriggio di mercoledì, tra gli interventi
più significativi dell’assise, quello pronunciato dall’arcivescovo di Canterbury e
primate della Comunione anglicana, Rowan Williams. Il servizio di Isabella Piro:
Sono le 18.00
in punto quando Benedetto XVI fa il suo ingresso nell’Aula del Sinodo per ascoltare
l’intervento dell’arcivescovo di Canterbury Rowan Williams. Il Papa entra in modo
discreto – come sottolinea il cardinale congolese Monsengwo, presidente delegato della
sessione dei lavori – e con attenzione si pone all’ascolto del primate anglicano,
che pronuncia un intervento ad ampio spettro. Il suo primo sguardo va al Concilio
Vaticano II: lo definisce “il segno di una grande promessa, il segno che la Chiesa
era sufficientemente forte da porsi domande impegnative sull’adeguatezza della propria
cultura e delle proprie strutture” alla complessità del mondo moderno. In pratica,
dice Rowan Williams, il Vaticano II è stato una riscoperta della passione evangelica,
concentrata sul rinnovamento e sulla credibilità della Chiesa nel mondo.
Ma
c’è un aspetto particolarmente importante che il Concilio ha messo in risalto, sottolinea
il primate anglicano: è il rinnovamento dell’antropologia cristiana, ovvero il comprendere
che proclamare il Vangelo significa dire che è possibile essere veramente umani, creati
ad immagine dell’umanità di Cristo. In questo senso, la fede cattolica e cristiana
rappresenta “un vero umanesimo”.
In quest’ottica, sottolinea l’arcivescovo
di Canterbury, la contemplazione - ovvero il dimenticarsi di sé per guardare a Dio
e al prossimo - rappresenta l’unica risposta al mondo “irreale e folle” creato dai
sistemi finanziari. E vivere in modo contemplativo significa compiere un atto “profondamente
rivoluzionario” perché vuol dire imparare ciò che ci serve per vivere con fedeltà,
onestà ed amore.
Giustizia ed amore, dunque, caratterizzano il volto dei cristiani.
E il primate anglicano cita l’esempio delle comunità di Taizé, di Bose, delle grandi
reti spirituali come Sant’Egidio, i Focolari di Chiara Lubich, Comunione e Liberazione:
tutte aperte ad una visione umana più profonda, perché tutte con l’obiettivo di rendere
viva la realtà di Gesù.
L’arcivescovo di Canterbury affronta, poi, il tema
dell’ecumenismo spirituale e ribadisce che quanto più i cristiani si distanziano gli
uni dagli altri, tanto meno convincente apparirà il volto della nuova umanità. In
questo senso, un’autentica iniziativa di evangelizzazione dovrà sempre essere un’evangelizzazione
di se stessi in quanto cristiani, una riscoperta della fede che trasfigura, un itinerario
– non ambizioso, ma guidato dallo Spirito – verso la maturità in Cristo, per rendere
“attraente” il Vangelo agli uomini del nostro tempo, nella “gioia della comunione”.
Prima
dell’intervento di Rowan Williams, l’Aula del Sinodo aveva ascoltato numerose altre
riflessioni, innanzitutto quella sul dialogo interreligioso, che inizia sempre – affermano
i Padri sinodali - con l’affermazione delle proprie convinzioni, senza sincretismo
o relativismo. Di fronte ai seguaci di altre religioni con un’identità religiosa forte,
occorrono, quindi, cristiani motivati e preparati dal punto di vista dottrinale, capaci
di rispondere della propria fede, con semplicità e senza paura. Certo, evidenzia il
Sinodo, non si tratta di mettere tra parentesi la fede cristiana, di arretrare di
fronte alle persecuzioni e alle discriminazioni. Anzi: bisogna denunciare con il massimo
vigore la violenza che ferisce e uccide, ancor più ingiustificata quando si fa scudo
dietro una religione.
Tuttavia, esistono esempi positivi di amicizia e fraternità
tra credenti, come in Turchia, dove un coro composto da cinque confessioni diverse
esegue insieme canti religiosi delle une e delle altre, in un’ottica che ispira la
pace, incoraggia la solidarietà, promuove la giustizia e difende la libertà.
D’altronde
- è la considerazione dell’Assemblea episcopale - oggi il mondo e anche il posto
della Chiesa nel mondo sono cambiati; sognare il ritorno della cristianità è un’illusione.
La Chiesa, però, non deve temere di esporsi allo sguardo della società, ma ha l’obbligo
di essere un testimone udibile e credibile.
Come fare, dunque? Il Sinodo suggerisce
di formare sacerdoti in grado di essere veri testimoni della fede, di sostenere i
catechisti, per i quali si auspica l’istituzione di un ministero stabile, di seguire
l’esempio dei missionari, che trovano Dio in ogni cosa, di evangelizzare le famiglie,
base della società.
Perché oggi non basta la scienza, non bastano i documenti,
non bastano le strutture ecclesiastiche: per rispondere alle domande più profonde
dell’uomo occorre toccare il suo cuore. E ciò è possibile, afferma il Sinodo, attraverso
il messaggio della Divina Misericordia, capace di formare cristiani zelanti e responsabili,
portatori di senso e di speranza per l’umanità.
In fondo, conclude l’Aula sinodale,
la nuova evangelizzazione è una “avventura spirituale” che non vuole improvvisazioni,
bensì una conversione dei cuori a livello personale, comunitario ed istituzionale,
nel contesto del nostro tempo.