Guerra in Siria: cresce la tensione tra Russia e Turchia
Assume proporzioni sempre più vaste il conflitto civile in Siria. Stamani otto lavoratori
siriani sono stati uccisi al confine con il Libano da un commando armato. Intanto,
cresce la tensione anche tra Mosca e Ankara, soprattutto dopo che la Turchia ha costretto
all’atterraggio sul proprio territorio un aereo siriano proveniente dalla Russia e
- sembra - contenente materiale bellico. Il velivolo, su cui viaggiavano anche 17
cittadini russi, è stato fatto poi ripartire una volta sequestrato il materiale a
bordo. Dura la protesta di Damasco e Mosca. Il ministro degli Esteri turco ha convocato
l'ambasciatore russo ad Ankara. Dalla sua, il regime di Assad ha accusato l’Occidente
di fornire armi agli insorti. Di questa situazione Giancarlo La Vella ha parlato
con Stefano Torelli, esperto di Medio Oriente del sito “Equilibri.net”:
R. – Questo
è il frutto di una politica non chiara da parte di tutti gli attori internazionali.
Quindi la necessità di intervenire o agire per far sì che questo conflitto interno
possa evolversi in modo o nell’altro purtroppo, evidentemente, sta creando questa
situazione in cui la Siria diventa oggetto di attenzione da parte degli attori internazionali
e probabilmente, come stiamo vedendo, diventa destinazione di aiuti finanziari e militari
da parte di vari attori statali.
D. – Questa situazione è quella che consente
al regime di Assad di rimanere in sella?
R. - Da un lato sì, probabilmente.
Il fatto che, innanzitutto a differenza di quanto accaduto per esempio in Libia, nessun
attore esterno abbia deciso - seppur qualcuno lo abbia auspicato - di intervenire
direttamente nel Paese, fa sì che le forze del regime attualmente sul campo, evidentemente
ancora più forti di quelle dei ribelli, restino in sella. D’altro canto c’è anche
da dire che lo stesso regime ha più vita facile nel giocare la carta propagandistica
puntando il dito contro tentativi di destabilizzazione che vengono dall’esterno cercando
di far credere anche a quella parte di popolazione che ancora è dalla parte del regime
che sia in atto una sorta di complotto internazionale contro Assad.
D. – Chi
è che vuole che invece il gruppo degli insorti vada al potere, considerando che non
si è ancora capita l’anima o le anime dei miliziani?
R. – Sì, in realtà se
fossimo davanti a un gruppo di opposizione ben definito, omogeneo, evidentemente tutti
gli attori che auspicano una caduta del regime accetterebbero più di buon grado e
probabilmente cercherebbero di accelerare questa transizione per far sì che si possa
passare a una buona fase. Infatti, anche il regime di Assad dal punto di vista strategico,
politico, militare, è diventato scomodo per molti vicini; pensiamo a quello che sta
accadendo ai confini con la Turchia, per esempio. D’altro canto, il fatto che queste
forze di opposizione siano anche molto frammentate tra di loro e non sia ancora chiara
né quale sia l’anima preponderante di questo movimento di opposizione, né quante siano
ancora queste anime del gruppo di opposizione, questa ambiguità fa sì che anche quegli
attori internazionali, che più di tutti spingerebbero la caduta del regime, siano
un po’ frenati.