2012-10-10 14:41:40

Libia: scarcerati marinai italiani. Mons. Mogavero: servono accordi internazionali


“Un primo passo positivo, ma servono accordi internazionali”. Così mons. Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo, dopo la scarcerazione dei marinai italiani, della sua diocesi, accusati in Libia di sconfinamento. Gli uomini stavano lavorando, domenica, in acque internazionali, considerate, però, da Tripoli di propria competenza. Fermate nel porto di Bengasi le imbarcazioni “Daniela L.” e “Giulia PG”, i marittimi dovranno comunque aspettare la definizione del procedimento, mentre sono in corso le trattative per il rilascio dei natanti. Ieri, è stata pagata anche un'ammenda di 14 mila dinari. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento dello stesso, mons Mogavero:RealAudioMP3

R. - Questa notizia è veramente buona, è un primo passo verso una soluzione positiva dell’intera vicenda. E poi lo è perché la condizione di libertà, pur se sotto sequestro, nei due pescherecci è sicuramente preferibile a quella della detenzione.

D. - Lei ha parlato con il console italiano a Bengasi che sta seguendo l’intera vicenda: qual è la situazione?

R. - E’ abbastanza buona, nel senso che gli equipaggi hanno accolto con comprensibile soddisfazione la fine della detenzione e aspettano adesso con una certa impazienza la conclusione della vicenda.

D. - Ma per le informazioni che abbiamo quanto tempo ci vorrà?

R. - Si sta trattando per completare l’iter di liberazione delle navi e degli equipaggi. Io credo che una soluzione a breve non possa essere ragionevolmente preventivata. Diciamo che noi auspichiamo che i tempi non siano eccessivamente lunghi e che soprattutto non ci si perda in lungaggini di tipo procedurale. Dobbiamo aspettarci come fatto naturale che le trattative abbiano una certa durata. Questo tuttavia non implica un pregiudizio per il suo esito positivo. Il nostro console a Bengasi è una persona molto esperta, perché ha trattato già diversi casi, è una persona che ha un ottimo rapporto con le autorità libiche e quindi i nostri pescatori, dal punto di vista dell’assistenza, sono in ottime mani. Noi li accompagniamo con la preghiera perché il buon Dio possa aiutare a dare efficacia persuasiva a coloro che stanno lavorando per loro, in modo che il tutto possa auspicabilmente essere risolto in tempi relativamente brevi.

D. - Lei è a Palermo per la Conferenza episcopale regionale. Rientrando incontrerà le famiglie dei marinai?

R. - Spero in serata, o al più tardi domani, di poter contattare le famiglie per poter dire loro una parola di confronto e invitarle alla pazienza, senza nervosismi vari, perché non gioverebbero alla causa.

D. - Lei ha parlato di dispiacere riferendosi a queste situazioni e di necessità di svolte operative: cosa serve?

R. - Si intavoli una trattativa diplomatica che ci eviti nel futuro di dovere continuare a raccontare queste vicende così tristi. Io mi sono permesso di commentare a caldo questa vicenda, dicendo che non è il caso di aspettare che ci “scappi il morto” per potersi decidere dare un dinamismo nuovo a questa che è una vicenda che ci prende tutti. Però, non vediamo come efficacemente la cosa venga affrontata a livello politico e diplomatico.

D. - Bisogna fare pressione affinché questo accada?

R. - Bisogna che ci sia un movimento di opinione che faccia decidere il governo. Non sarà una trattativa facile, ce ne rendiamo perfettamente conto. Né si potrà pensare di far valere il nostro punto di vista, che è quello del diritto internazionale comune, che prevede 12 miglia per il riconoscimento delle acque territoriali. Però, se non si mette mano alla trattativa, continuiamo a rimanere sempre in questo stadio di empasse dal quale non possiamo uscire se non con episodi di questo genere, che regolarmente si moltiplicano. In questo momento, ricordiamo che abbiamo quattro barche sequestrate: due in Libia, una in Tunisia e l’altra ad Alessandria d’Egitto. La faccenda si complica, perché si è riaperto il fronte di contenzioso con i Paesi della sponda sud del Mediterraneo.







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