2012-10-10 15:50:51

Giornata contro la pena di morte: esecuzioni in calo ma pratica in uso in 21 Paesi


Nella decima Giornata mondiale contro la pena di morte, Amnesty International ha ricordato che le esecuzioni sono in calo, ma che la pratica è ancora in uso in 21 Paesi: succede in Cina e Iran ma anche negli Stati Uniti e in Bielorussia. Alcune nazioni, come l’india e il Giappone, hanno ripreso le condanne capitali dopo un periodo di stop mentre segnali positivi arrivano dal continente africano. Eugenio Bonanata ne ha parlato con Riccardo Noury, portavoce della sezione italiana di Amnesty International, che invita ad andare sul loro sito Internet per firmare appelli e petizioni on line:RealAudioMP3

R. – Ogni anno, c’è qualche piccolo passo avanti, ma c’è anche la conferma che la battaglia per abolire la pena di morte non sarà di breve periodo, perché una piccola manciata di Stati si ostina ad utilizzarla con estrema regolarità.

D. – La tendenza è, comunque, verso l’abbandono?

R. – Sì, è una tendenza irreversibile. Nell’ultimo decennio, in media, due Paesi hanno abolito la pena di morte per legge o comunque non vi ricorrono più. Il dato è completamente invertito rispetto a quando Amnesty International ha iniziato a lavorare sulla pena di morte, alla fine degli anni Settanta, quando il numero di Paesi che l’avevano abolita coincideva con quello dei Paesi che oggi la mantengono. Passi avanti importanti, quindi, ma la strada è ancora lunga.

D. – Cina e Iran "maglia nera", ma nella lista ci sono anche l’Iraq e l’Arabia Saudita...

R. – Sì, questi ultimi due Paesi hanno fatto registrare un aumento purtroppo molto drastico delle esecuzioni: sono 119 in Iraq, dall’inizio dell’anno, e almeno 65 in Arabia Saudita. La tendenza è quella di un aumento delle esecuzioni ulteriore nel corso degli ultimi mesi dell’anno. Poi, ci sono stati Paesi che hanno ripreso a eseguire condanne a morte nel 2012, come il Giappone - nonostante il 2011 fosse passato senza impiccagioni - mentre nel Botswana e nel Gambia, le fucilazioni sono riprese dopo quasi un trentennio di moratoria.

D. – Cosa dire della situazione negli Stati Uniti?

R. – Negli Stati Uniti, le esecuzioni continuano con regolarità. Sono state già 30 quest’anno. Cresce però il numero delle esecuzioni scongiurate grazie a nuove tecniche del Dna, cresce la sensibilità dei mezzi di informazione e crescono anche i sondaggi nei quali il pubblico si dimostra disponibile ad accettare pene alternative alla pena capitale. E poi, c’è uno sviluppo sorprendente, che è quello dell’esaurimento progressivo delle scorte di uno dei medicinali per eseguire la condanna a morte, con un’iniezione di veleno, e questo ha dato vita ad una serie di ricorsi e sospensioni che mettono in discussione tanto l’uso di medicinali alternativi quanto l’uso di protocolli alternativi.

D. – Qual è il quadro in Africa?

D. – L’Africa da anni guida il movimento globale dei Paesi abolizionisti ed è il continente dal quale arrivano i successi più importanti. In controtendenza, possiamo dire che quest’anno con la ripresa delle esecuzioni nel Gambia è stato fatto un passo indietro. Tuittavia, anche in quei Paesi - persino in quelli in cui la pena di morte continua ad essere mantenuta - ci sono forti opposizioni e movimenti abolizionisti che crescono significativamente.

D. – L’obiettivo del movimento è ottenere una legge sulla moratoria. Quali segnali arrivano dalle istituzioni internazionali?

R. – E’ un obiettivo che vogliamo cogliere per la quarta volta dal 2007: una risoluzione dell’Assemblea generale dell’Onu, che stabilisca una moratoria sulle esecuzioni in vista dell’abolizione definitiva della pena capitale. Nell’ultima occasione, nel 2010, la risoluzione era stata approvata con 109 voti e ci sono segnali che quest’anno potrebbero aumentare. Amnesty International sta facendo pressioni su alcuni Stati che sono indecisi, o che si astennero nel 2010, perché aggiungano anche il loro voto a quello degli altri Stati a favore di una moratoria.


Ultimo aggiornamento: 11 ottobre







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