2012-10-09 13:59:20

Nord Kivu: nessun risultato dal vertice dei Grandi Laghi


Si è concluso senza comunicato ufficiale il vertice dei Paesi dei Grandi Laghi tenutosi lunedì fino a tarda sera a Kampala, ma con dichiarazioni sparse rilasciate dai presidenti dell’Uganda, Yoweri Museveni, e del Rwanda, Paul Kagame. I rappresentanti della regione dei Grandi Laghi - riferisce l'agenzia Misna - hanno “preso atto con rammarico” dell’avanzata dei ribelli del Movimento del 23 marzo (M23) che hanno conquistato nuove località nel territorio di Rutshuru, nella provincia del Nord-Kivu, e minacciano il capoluogo di Goma. I capi di Stato e di governo, riferisce l’emittente congolese ‘Radio Okapi’, hanno stabilito una scadenza di due settimane entro la quale l’apposito gruppo di esperti militari, costituito il mese scorso, dovrà “attuare tutte le procedure operative in vista del dispiegamento della Forza internazionale neutrale” lungo il confine tra la Repubblica Democratica del Congo e il Rwanda. Quattro dei Paesi partecipanti avrebbero dato la propria disponibilità a far conoscere “in tempi brevi la natura e il grado di contribuzione per materializzare la forza in questione”. Al presidente in esercizio della Conferenza internazionale dei Grandi Laghi (Cirgl), il capo di Stato ugandese Yoweri Museveni, è stato chiesto di “contattare altri Paesi africani pronti a fornire un contributo” e di “proseguire il dialogo con le forze belligeranti”. Al termine del vertice di Kampala, il quarto organizzato in meno di tre mesi, Kigali ha pubblicato un comunicato a firma della presidenza ruandese nel quale sottolinea “i progressi compiuti nella cooperazione tra Stati membri” e l’ “impegno rinnovato a raggiungere una pace durevole basata su soluzioni proposte dalla stessa regione dei Grandi Laghi”, ma senza fare alcun riferimento alla forza internazionale. Da settimane il presidente congolese Joseph Kabila e il suo omologo ruandese Kagame si accusano reciprocamente di sostenere gruppi ribelli attivi nell’est del Congo ostili da una parte a Kinshasa e dall’altra a Kigali. Se il governo congolese auspica il coinvolgimento della locale missione Onu (Monusco) nella futura Forza neutrale, quello ruandese ha già espresso la sua “diffidenza” nei confronti dei caschi blu accusati di “essere parziali”. Rapporti diffusi negli ultimi mesi da fonti congolesi e dalle Nazioni Unite hanno denunciato il sostegno militare di Kigali al M23, movimento nato lo scorso aprile dalle ‘ceneri’ del Congresso nazionale per la difesa del popolo (Cndp, tutsi) – ex formazione ribelle di Bosco Ntaganda, ricercato dalla Corte Penale Internazionale (Cpi) – i cui miliziani erano stati integrati nell’esercito dopo gli accordi di pace firmati nel 2009 col governo congolese. Il Rwanda ha formalmente respinto le accuse e, a sua volta, ha puntato il dito contro Kinshasa per l’appoggio dato alle Forze democratiche di liberazione del Rwanda (Fdlr), la ribellione hutu stabilita nell’est del Congo. La Società civile del Nord-Kivu si aspettava dai capi di Stato e di governo dei Grandi Laghi “maggiore attenzione al quadro umanitario in costante peggioramento”. Il conflitto riaccesosi sei mesi fa, ha già causato almeno 390.000 sfollati interni e 60.000 rifugiati in Uganda e Rwanda. “Liberate la popolazione del territorio di Rutshuru divenuta l’ostaggio dei gruppi armati”: è il grido d’allarme lanciato ai Paesi della regione dopo la conquista da parte del M23 di Nyamilima e Ishasha, località importanti da un punto di vista strategico e commerciale, al confine con l’Uganda. “Temiamo futuri scontri tra i ribelli del M23 e i loro ‘alleati’ Mayi Mayi di Shetani Muhima con le Fdlr Soki in lotta per il controllo del territorio” ha avvertito il coordinamento della società civile della provincia nord-orientale. (R.P.)







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