Mons. Tomasi: la crisi non riduca l'impegno in favore dei profughi dovuti alle guerre
L’inutilità della violenza come metodo di soluzione delle controversie internazionali,
violenza che anzi provoca unicamente sofferenze e drammatici disagi nelle popolazioni
civili. Questo il tema affrontato dall'arcivescovo Silvano Maria Tomasi, osservatore
permanente della Santa Sede all’Onu di Ginevra, intervenuto alla 63.ma sessione del
Comitato esecutivo dell’Alto Commissariato per i Rifugiati. Il servizio di Giancarlo
La Vella:
L'aumento dei
conflitti nel mondo ha prodotto nuove ondate di profughi e sfollati. Si tratta di
centinaia di migliaia di persone - ha detto mons. Tomasi - soprattutto donne e bambini,
che stanno pagando lo scotto di decisioni politiche che non tengono conto del loro
impatto umano. Famiglie intere, spesso smembrate, sradicate a forza dalle proprie
radici, vagano allo sbando, in cerca di accoglienza, in realtà pericolose dove sono
a rischio non solo le prerogative fondamentali della persona, ma la vita stessa. I
minori sono coloro che soffrono maggiormente per questa emergenza. Mancano loro le
condizioni primarie per uno sviluppo idoneo e per ricevere la necessaria educazione.
Un panorama tragico, che a ogni conflitto si ripete puntualmente, ma di fronte al
quale la comunità internazionale non riesce ad intervenire, rimanendo sempre più spiazzata.
La
delegazione della Santa Sede - ha affermato ancora il presule - esprime gratitudine
a tutti quei Paesi che hanno accolto nel proprio territorio migliaia di rifugiati
in fuga dagli Stati limitrofi, invitando tutti i Paesi a contribuire nel condividere
l'onere del mantenimento di profughi e rifugiati. Occorre un impegno continuo - ha
poi sottolineato - che, a causa della perdurante crisi economica, diventa sempre più
arduo. A tutto questo si aggiungono i danni causati dalle calamità naturali, come
la siccità, che impediscono alle popolazioni in fuga, a causa della mancanza di cibo
e acqua, di interrompere il proprio peregrinare in cerca di condizioni di vita sostenibili.
Su tutta la comunità internazionale grava un’evidente responsabilità morale. Perdono,
dialogo, riconciliazione, solidarietà - ha detto ancora mons. Tomasi - sono le parole
d’ordine per interrompere questo circolo vizioso. L’obiettivo è quello di garantire
a ogni individuo, anche attraverso forme più creative di solidarietà e protezione,
la sopravvivenza di tutti coloro che si trovano in condizioni di precarietà e sofferenza
a causa di scontri armati.