Sinodo. Mons. Dal Covolo e mons. Dos Santos: fede è carità non solo contenuti, i giovani
aspettano risposte
Promuovere una cultura più profondamente radicata nel Vangelo. Si può definire così
la nuova evangelizzazione. Una sfida che chiama ad un esame di coscienza anche il
mondo accademico-universitario. L’insegnante non può solo limitarsi a trasmettere
contenuti, deve anche testimoniare la Buona Notizia. Al microfono del nostro inviato
al Sinodo, Paolo Ondarza, il pensiero del rettore della Pontificia Università
Lateranense, mons. Enrico Dal Covolo:
R. – La teologia
e l’approfondimento culturale devono essere sempre di più, testimonianti. Le parole
che oggi ha usato il Papa sono state estremamente significative. Per evangelizzare
occorre coniugare tra loro, efficacemente, due categorie: la “confessio fidei” e la
“caritas”. La “confessio”, come ha spiegato il Papa, non è semplicemente – come dire
– una serie di contenuti, che vengono proposti e trasmessi, ma è la disponibilità
a mettersi in gioco, nella testimonianza, fino al dono totale della propria vita.
Ecco, dunque, ciò che a me interessa particolarmente: una teologia più testimoniante,
un approfondimento culturale che non sia fatto soltanto di contenuti, ma che giunga
efficacemente alla testimonianza della carità.
D. – Quindi, testimonianza
e conoscenza dei contenuti non possono essere due realtà scisse?
R. – Certamente:
mai l’una senza l’altra, vorrei dire. Non si testimonia una fede ortodossa e autentica
se non ci sono i contenuti della “traditio fidei”, ma – dall’altra parte – questa
fede puramente oggettiva rischia di rimanere sterile, non feconda, se non è sostenuta
dalla testimonianza personale di colui che crede.
D. – Si corre il rischio,
secondo lei, nel mondo accademico e nel mondo della cultura di offrire una testimonianza
“tiepida”?
R. – Certo, è un rischio che io riscontro, quotidianamente. Direi
che c’è una sorta di deformazione professionale in noi teologi che insegniamo: affidiamo
infatti troppo il nostro messaggio ai contenuti, rischiando di dimenticarci di quella
testimonianza personale che siamo tenuti a dare. Pensiamo: “la testimonianza non appartiene
alla mia professione!”. Invece non è così: se consideriamo la testimonianza dei Padri
della Chiesa, ci rendiamo conto benissimo che un padre è anzitutto un santo; se non
è santo, non è un padre.
D. – Per quale motivo, oggi, si assiste ad un distacco
dalla fede nei giovani?
R. – Credo che sia un dato culturale, legato alle esperienze
che questi ragazzi vivono famiglie non più intessute del messaggio cristiano. Non
parliamo della scuola, che rischia di non essere l’ambiente educativo che dovrebbe
essere e l’esempio, poi, che viene offerto da certo mondo della politica... Non funziona
il contesto e a causa di questo i giovani non si appassionano veramente dell’annuncio
cristiano. D’altro canto, però, ci sono gruppi di giovani oggi più testimonianti rispetto
ad altre situazioni storiche. Però, stiamo parlando ancora di una minoranza.
D.
– Il bisogno di Dio è scritto nel cuore dell’uomo, nel cuore dei giovani?
R.
– Certo, è proprio così. Il giovane non può non cercare Dio: magari non sa come cercarlo,
sbaglia l’obiettivo, ma quel desiderio è inscritto nel suo cuore. La nostra sfida,
il nostro impegno dovrebbe essere quello di intercettare questa domanda di verità
e di senso che alberga nel cuore del giovane.
La prossima Giornata mondiale
della Gioventù a Rio de Janeiro rappresenta una forma di nuova evangelizzazione per
il Brasile. Sulla vita della Chiesa nel Paese, Paolo Ondarza ha intervistato
mons. Benedito Beni Dos Santos, vescovo di Lorena:
R. – In Brasile,
la religiosità popolare è ancora molto diffusa, ma la fede comincia ormai a vivere
una fase di crisi a causa della cultura della post modernità. La nuova evangelizzazione
sarà una luce, che ci permetterà di salvare la fede in Brasile. Dunque, da questo
Sinodo ci aspettiamo veramente molto.
D. – Il Vangelo resta sempre lo stesso
in tutte le epoche: nello specifico la Chiesa in Brasile pensa a nuove modalità di
trasmissione?
R. – L’evangelizzazione ha come contenuto l’annuncio dell’avvento
di Gesù Cristo e questo annuncio è legato alla sua morte e resurrezione. Il metodo
con cui annunciare il Vangelo, però, cambia a seconda dei mutamenti sociali. In Brasile,
abbiamo una risposta alle sfide poste dalla società contemporanea: la missione permanente.
Abbiamo anche un’evangelizzazione svolta anche dalle nuove Comunità e dai nuovi Movimenti.
D. – Un pensiero, parlando di nuova evangelizzazione in Brasile, non può non
andare ai giovani, visto l’imminente appuntamento, nell’estate 2013, che li vedrà
coinvolti a Rio de Janeiro…
R. – La Giornata mondiale della gioventù rappresenta
una forma di nuova evangelizzazione e per noi è un dono molto grande. E’ una fortuna
per noi poter celebrare la Giornata mondiale della gioventù in Brasile. Con l’arrivo
della Croce della Giornata, in tutto il Brasile ha preso il via un movimento di evangelizzazione
della gioventù: parteciperanno due milioni di giovani provenienti dal Brasile e,
forse, un milione proveniente da fuori.
D. – Cosa attendono i giovani dalla
nuova evangelizzazione?
R. – Penso che le sfide che i giovani pongono alla
nuova evangelizzazione siano anzitutto la speranza in un mondo migliore: trovare Colui
che è la via, la verità e la vita. E’ questo che i giovani aspettano dalla Chiesa.
D.
– Il suo augurio per questo Sinodo sulla nuova evangelizzazione?
R. – Spero
che questo Sinodo porti a tutta la Chiesa la speranza e che la Chiesa senta di aver
la possibilità di annunciare Gesù Cristo, morto e risorto, per portare la salvezza
a tutto il mondo.