2012-10-08 18:15:51

"Salute senza barriere": al via il programma di integrazione sanitaria dei cittadini stranieri detenuti


Promuovere l’integrazione sanitaria degli stranieri detenuti attraverso il pieno e consapevole accesso al servizio sanitario nazionale, anche durante il periodo di detenzione. Questo l’obiettivo del progetto “salute senza bandiere”, presentato al carcere romano di Regina Coeli e frutto della collaborazione tra i Ministeri dell’Interno, della Salute e della Giustizia, insieme all’Istituto nazionale per la promozione dalla salute delle popolazioni migranti (Inmp) e al forum nazionale “salute in carcere”. C’era per noi Michele Raviart:RealAudioMP3

Su oltre 66mila detenuti in Italia, quasi 24mila sono stranieri. Si tratta del 36% della popolazione carceraria totale, che proviene per la maggior parte da Marocco, Romania, Tunisia e Albania. Un numero ingente, in carceri che contengono un terzo di persone in più della capienza consentita. In questo contesto nasce quindi il progetto “salute senza barriere”, per promuovere il diritto alla salute dei cittadini stranieri detenuti in Italia. Un programma che riguarda principalmente la formazione del personale sanitario, degli operatori penitenziari e dei detenuti. Concetta Mirisola, direttore dell’Inmp:

“Le linee sulle quali ci siamo orientati, per la formazione, sono quelle in cui c’è una problematica maggiore di salute: salute mentale, dermatologia, infettivologia, ma anche medicina delle migrazioni. Riuscire a parlare con pazienti che hanno altre culture e provengono da altri Paesi, è importante. E, di fatto, l’attività del nostro istituto vede al centro la presenza del mediatore culturale, che è proprio l’interfaccia tra medicina e aspetti di tipo sociale e culturale”.

In carcere è maggiore il rischio di diffusione di malattie che sono sostanzialmente debellate tra la popolazione “libera”, come la tubercolosi, mentre il tasso di contagio dell’Hiv e dell’epatite C è tra le dieci e le venti volte superiore alla media. “Salute senza barriere” si pone anche l’obiettivo di monitorare a riforma della sanità penitenziaria del 2008, che prevede il trasferimento di competenze in materia dal Ministero della Giustizia a quello della Salute. Una riforma poco conosciuta dagli stessi operatori del servizio sanitario nazionale, come ci spiega il senatore Roberto Di Giovan Paolo, presidente del Forum nazionale “salute in carcere”

“Non si conosce la riforma della salute in carcere. E’ evidente, quindi, che la prima criticità è farla conoscere agli operatori e ai direttori delle asl, i quali devono sapere che hanno tanti detenuti in più e che tante sono le persone che dovranno curare in più per le visite specialistiche, per i medicinali. Quindi, quantomeno dovranno fare una programmazione, sia economica che organizzativa. Far uscire persone sane dal carcere, significa fare uscire persone sane nella società.”

Il progetto conta su un finanziamento di 300mila euro dal Fondo Europeo per l’integrazione dei Paesi Terzi, gestito dal Ministero degli Interni, e promuove anche la conoscenza e la consapevolezza del diritto alla salute dei detenuti. Ancora Concetta Mirisola:

“Molto spesso i detenuti non sanno di potersi rivolgere ad una struttura del servizio sanitario nazionale. E’ importante saperlo. La prevenzione si basa sulla capacità di poter andare a trovare assistenza presso le strutture. Molti pazienti non hanno mai avuto un approccio con il servizio sanitario nazionale”.

L’iniziativa durerà un anno e coinvolgerà nove carceri, scelti tra quelli in cui il numero dei detenuti stranieri è maggiore, come il carcere di Opera a Milano, dove i cittadini non italiani raggiungono il 60% del totale.







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