2012-10-07 12:30:06

Caritas Emilia: cresce povertà nelle zone terremotate, meno burocrazia per ripartire


La Caritas italiana ha chiuso sabato la fase di emergenza nelle zone dell’Emilia colpite dal terremoto di maggio dando il via ai tradizionali gemellaggi con le altre diocesi per restare al fianco della popolazione. Il direttore di Caritas, mons. Francesco Soddu, dopo una riunione dei vescovi dell’area, ha però lanciato un appello alla burocrazia a dare risposte più agili per aprire i centri comunitari polifunzionali, finanziati con le offerte raccolte dalla colletta nazionale. Queste strutture sono fondamentali per ridare speranza e normalità alla gente, ha detto don Andrea La Regina, referente Caritas per l’Emilia Romagna. Cecilia Seppia lo ha intervistato:RealAudioMP3

R. – E’ chiaro che noi siamo per il rispetto delle regole e comprendiamo anche che dal punto di vista geologico, del sottosuolo, ci sono delle difficoltà. Però, noi chiediamo che per questi centri di comunità - che sono uno strumento socio-pastorale e un luogo in cui la comunità si riunisce per celebrare la Messa ma anche per svolgere tutte le proprie attività comunitarie, - possano essere installati al più presto, evitando una eccessiva burocrazia nell’ottenimento dei permessi. Anche perché si avvicina l’inverno ed è giusto che noi in 60 giorni, dopo aver ricevuto il permesso, possiamo chiedere alle ditte di poter installare queste strutture comunitarie.

D. – Nonostante i fondi stanziati dal governo, che ormai hanno superato i nove miliardi di euro, e nonostante anche i fondi europei, il terremoto ha comunque ulteriormente impoverito le fasce della popolazione che già erano deboli. Voi avete registrato un aumento nella richiesta per esempio di generi alimentari?

R. – E’ chiaro che i nostri centri di ascolto si sono moltiplicati sul territorio: non c’è soltanto quello di Cesano, ma ci sono centri parrocchiali di ascolto che captano proprio questi bisogni un po’ nascosti. Infatti, se quella degli immigrati è una realtà a cui la Caritas ha sempre riservato attenzione in Emilia e non solo, oggi abbiamo le famiglie di italiani che, o per avere perso il lavoro a causa del terremoto, o per essere in cassa integrazione, hanno difficoltà ad approvvigionarsi sia di viveri sia di vestiario. Il centro di ascolto e l’Osservatorio della povertà, che è uno strumento tradizionale della Caritas, intercetta questi bisogni e cerca di dare risposte di emergenza, ma anche risposte che diano dignità alle famiglie.

D. – Ci sono segni di ricostruzione, di ripartenza; in questi giorni anche l’apertura di un complesso scolastico, quello del Sacro Cuore. Però, fondamentalmente, i numeri di questa tragedia rimangono importanti: ci sono ancora 2.700 persone sfollate, in tenda …

R. – Certamente. I 2.700 sfollati, entro la fine del mese dovrebbero abbandonare le tendopoli secondo la riforma della Protezione civile che richiede che si ritorni alla normalità. Noi siamo d’accordo su questo ed è per questo che, in modo sussidiario, cerchiamo di dare attenzione a queste famiglie che diversamente non ne riceverebbero, sia per l’emergenza ma anche per un eventuale accesso al credito che aiuterebbe sia nella ricostruzione ma anche nella possibilità di riprendere la vita ordinaria.

D. – Don Andrea, lei è lì in prima linea, insieme con i volontari alle delegazioni delle Chiese gemellate: la gente, provata da questi mesi di sofferenza, come sta vivendo, come sta reagendo?

R. – La gente è provata. Vive con difficoltà tutte le contraddizioni del tempo. Però, ha molta speranza e la presenza dei volontari delle delegazioni sui territori aiuta in questa vicinanza e prossimità, e tutti i segnali che vengono anche dalle istituzioni danno la sensazione alle persone di poter riprendere, di poter ricostruire non solo le case, non solo le attività imprenditoriali, non solo le chiese, ma ricostruire la comunità dall’interno.

Ultimo aggiornamento: 8 ottobre







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