Guerre e crisi economica: la riflessione dell'economista Vaciago
La guerra in Siria con le ripercussioni sui Paesi limitrofi, le "primavere arabe"
che hanno decapitato regimi decennali, le tensioni tra la comunità internazionale
e l’Iran per il programma nucleare. Tutti scenari che hanno delle importanti ricadute
sugli equilibri geopolitici dell’area mediterranea e mediorientale. Ma quanto tutti
questi avvenimenti influiscono sulla crisi economica in atto? Salvatore Sabatino
lo ha chiesto all’economista Giacomo Vaciago:
R. – Certamente,
hanno una serie di conseguenze anche gravi. Anzitutto, ricordiamo la principale e
la prima: abbiamo una recessione, in Europa, una forte frenata dell’economia mondiale
e ciò nonostante il petrolio stia ai massimi storici. Purtroppo, l’area in questione
è ancora strategicamente importante per le forniture petrolifere, e quindi le gravi
vicende, il mix di terrorismo, fondamentalismo, integralismo islamico e le rivoluzioni
in corso mantengono una situazione di grande preoccupazione per un settore strategico
come quello dell’energia.
D. – E’ la situazione economica di certi Paesi a
far scoppiare i sommovimenti popolari o sono le tensioni che poi provocano la crisi
economica?
R. – Temo che sia in parte l’una e in parte l’altra causa. Attenzione:
noi europei abbiamo vissuto queste vicende molti anni fa, e le abbiamo superate con
un processo di civilizzazione lungo e difficile. Quando leggo o sento di queste cose
nei Paesi arabi, mi domando perché ci vogliano tanti anni a crescere nell’umanità.
E quindi penso che sia inevitabile. E’ inutile che noi andiamo là a dire loro: "Fate
come noi". Questi Paesi sono più giovani, hanno bisogno di crescere, maturare così
come è successo da noi con il passare dei secoli …
D. – Le aree coinvolte da
queste tensioni sono molto vicine all’Europa. La crisi che vive il Vecchio Continente
può essere ricondotta, anche se in minima parte, a queste destabilizzazioni, secondo
lei?
R. – No. Direi che noi siamo stati capaci di danneggiarci da soli. Pensi
alla vicenda euro: nel rapporto di Jacques Delors del 1989, è scritto molto chiaramente
che l’euro è la strategia di una comune crescita che viene da giochi cooperativi.
E adesso, invece, sembra un "gioco tra guardie e ladri". Allora, in questo momento
i problemi nostri più gravi non sono causati dall’Iran e così via. E’ come quando
"usiamo" la Germania come capro espiatorio per la mancata crescita dell’Italia: è
colpa nostra! Ciascuno deve fare il proprio esame di coscienza, come si diceva una
volta; valutare i propri errori e poi porvi rimedio.
D. – Però, essendo l’economia
globalizzata, ha bisogno comunque di una stabilità; se questa stabilità non c’è in
molte aree della Terra, evidentemente ci sono degli influssi negativi …
R.
– Questo è vero, e mai come in questo difficile 2012 abbiamo visto quanto siamo globali.
Nel senso che la "frenata" cinese ha retroagito sulla crescita della Germania, la
"frenata" tedesca retroagisce sull’Italia, tutti insieme stanno tenendo ferma l’America
… In altre parole, il mondo è globale davvero e non è governato, però, come tale.