Scontri e morti sul confine tra Turchia e Siria. Damasco chiede scusa ad Ankara
Damasco ha chiesto ufficialmente scusa ad Ankara. Ieri cinque soldati siriani sono
stati uccisi in un bombardamento turco in risposta al tiro di mortaio che dalla Siria
ha colpito la Turchia, uccidendo cinque civili. Per il regime siriano si è trattato
di un incidente che non si ripeterà più. Mosca aveva caldamente esortato Assad a compiere
questo passo per stemperare i venti di guerra tra i due Paesi. Poco prima dell'arrivo
delle scuse formali, il parlamento turco, approvando una mozione del premier Erdogan,
aveva autorizzato operazioni militari in territorio siriano per un anno, anche se
un esponente governativo si era affrettato a dichiarare che Ankara non vuole la guerra.
Da parte sua, la Nato, di cui la Turchia fa parte, ha intimato a Damasco uno stop
agli attacchi. Anche l’Onu, per voce del segretario generale Ban Ki-moon, ha ammonito
la Siria a rispettare i Paesi vicini. Resta comunque l'allarme per un allargamento
del conflitto fuori dai confini siriani. Ma cosa può aver spinto Damasco a violare
i confini della Turchia? Roberta Gisotti lo ha chiesto al prof.ssa Maria
Grazia Enardu, docente di Storia delle relazioni Internazionali all’Università
di Firenze:
R. - Nessuna
decisione logica e politica, o forse la voglia di colpire ribelli e profughi che erano
oltre confine, oppure, un momento di sbandamento e di follia. Di tutti i Paesi che
sono intorno alla Siria, la Turchia è il più importante: è un Paese non arabo, quindi
neanche legato ai vecchi legami della Lega Araba, ed è anche il più forte - ancora
più forte di Israele.
D. - La Nato, chiamata in causa dalla Turchia, ha intimato
a Damasco uno “stop” immediato ad altri atti aggressivi, ed anche l’Onu ha ammonito
la Siria; ma le parole della Comunità internazionale finora non sembrano aver impressionato
Assad…
R. - Assad non si fa impressionare, lui sta combattendo non solo per
conservare il suo regime, ma anche e soprattutto per la sua vita e quella di tutto
il clan, tutto il settore che lo sostiene, che sono letteralmente con le spalle al
muro. Non si arrenderanno. Certo, colpire la Turchia mette in ballo non soltanto un
nuovo atteggiamento da parte dell’Onu - dove pian piano la Russia rimane sempre più
isolata nel suo sostegno ad Assad - ma rischia di far intervenire quell’altra cosa,
molto più operativa, che è la Nato: non che la Nato abbia intenzione di scattare subito
- in base all’articolo che prevede il casus belli di attacco verso un membro - ma
la Nato può avviare una serie di meccanismi, anche indiretti di aiuto tramite la Turchia,
e questi possono esser dannosi per Assad. Il gesto di ieri sera non è stato ben valutato
ma, d’altra parte, credo che a Damasco il regime abbia perso ogni serio criterio di
valutazione.
D. - Questo potrebbe compromettere il sostegno su Assad da parte,
appunto, di alcuni Paesi come la Russia?
R. - Può darsi di sì: perché la Russia,
a sua volta, ha complessi rapporti con la Turchia per via del Caucaso ed altre questioni
non da poco. Diciamo che questa estrema imprudenza di un regime che sta morendo, complica
la vita anche al suo unico alleato, cioè la Russia e questo a Mosca non deve essere
stato molto gradito.