2012-10-04 15:15:33

Centro Astalli: preoccupazione per la sorte di 20 mila migranti in Italia


“Serve una risposta immediata per garantire un futuro a chi fuggito da guerre e persecuzioni”. Così padre Giovanni La Manna, presidente del Centro Astalli, sulla sorte di circa 20 mila persone fuggite dalla Libia nel 2011 e ospitate in Italia. Un documento approvato di recente dalla Conferenza Unificata Stato-Regioni parla di fine emergenza Nord Africa, senza precisare cosa accadrà a chi già presente sul territorio della Repubblica. Perplessità sul documento è stata espressa anche dall’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite. Massimiliano Menichetti ne ha parlato con lo stesso padre La Manna:RealAudioMP3

R. – Denunciamo il fatto che l’Italia ha accolto – grazie a Dio – delle persone che, a causa della guerra in Libia, sono dovute venire via. Ma ora non c’è un’idea progettuale per l’accoglienza che si è realizzata per tali persone. Concretamente: hanno fatto richiesta di asilo politico e un buon numero di richieste sono state negate, interrompendo quei processi di integrazione che le tante realtà che si sono mobilitate hanno invece messo in atto.

D. – Il 26 settembre la Conferenza unificata Stato-Regioni ha parlato di fine emergenza Nord-Africa. Questo quali interrogativi pone per le circa 20 mila persone, che ora sono in Italia?

R. – Ci dobbiamo porre un problema: abbiamo accolto delle persone, abbiamo attivato progetti di aiuto, integrazione, ora si corre il rischio di vanificare tutto. Il 31 dicembre, queste persone che sono state accolte, che fine faranno? Rimarranno sul territorio senza documenti? Sono necessarie delle risposte.

D. – Ribadiamo che tra queste persone ci sono anche rifugiati in fuga da persecuzioni ed anche migranti che da anni lavorano in Italia di fatto…

R. – Innanzitutto, la preoccupazione è per quanti hanno dovuto lasciare il proprio Paese e che - alla luce degli accordi che l’Italia aveva stabilito con la Libia - erano rimasti bloccati in Libia. Noi, non lo possiamo dimenticare, c’eravamo macchiati di una cosa indegna, quella dei respingimenti: dal 2009 abbiamo respinto delle persone che sono andate in Libia e che erano nei centri di detenzione libici. Durante la rivolta in Libia, queste persone sono state nuovamente costrette a imbarcarsi e a venire in Italia. L’Italia, come la maggior parte dei Paesi dell’Unione Europea è firmataria della Convenzione di Ginevra sui rifugiati. Ora: questo diritto vogliamo renderlo reale, o vogliamo continuare a considerarlo un impegno formale?

D. – Dove sono, in questo momento, queste 20 mila persone?

R. – Essendosi attivata la Protezione civile, sono state distribuite sul territorio italiano. Questa è una cosa positiva: non creare centri con grossi numeri, perché i grossi numeri rendono più difficile l’integrazione, l’accoglienza da parte delle comunità. Che fine faranno al 31 dicembre? Ci auguriamo che l’Italia realizzi una risposta che rispetti la dignità delle persone, i diritti di queste persone e non vanifichi – in un periodo di crisi, dove tutti facciamo fatica – le risorse economiche che sono state impegnate.

D. – La costituzione di un tavolo nazionale di coordinamento, secondo lei, rappresenta un approccio positivo?

R. – Il tavolo ben venga. Ogni opportunità di confronto è qualcosa di positivo. Però, poi i tavoli devono essere operativi. Questa è una situazione che si protrae da un bel po’ di tempo: siamo a ottobre del 2012 e stiamo parlando di persone che abbiamo iniziato ad accogliere nel 2011. Siamo già in ritardo.

D. – Qual è l’appello che lanciate ai nostri microfoni?

R. – L’appello è che si decida di restituire dignità e diritti a queste persone.

D. – Quindi è necessario che rimangano in Italia?

R. – Certo, devono rimanere in Italia. Che senso ha averle accolte per un anno e poi rimandarle indietro, oppure – peggio ancora – creare delle persone clandestine, senza documenti?







All the contents on this site are copyrighted ©.