Un convegno ricorda le donne del Concilio Vaticano II
A cinquanta anni dall'apertura del Concilio Vaticano II, sono molte le iniziative
che ricordano lo storico evento. Presso il Pontificio Ateneo Sant’Anselmo si è svolto
il convegno teologico internazionale “Teologhe rileggono il Vaticano II. Assumere
una storia, preparare il futuro”. Un momento di confronto ecumenico tra studiosi e
teologi su come la Chiesa cattolica abbia saputo riconoscere - nella differenza tra
uomini e donne - un contributo di intelligenza e una riserva di entusiasmo. Il servizio
di Michele Raviart:
Il Concilio
Vaticano II è stato l’evento che ha riunito l’intero mondo cattolico. Non solo tutti
i vescovi della Chiesa di Roma e centinaia di teologi, ma anche, su quasi 2800 partecipanti,
23 donne: 10 religiose e 23 laiche, scelte secondo criteri di internazionalità e di
rappresentanza. La riflessione di Marinella Perroni, presidente del coordinamento
teologhe italiane.
“Sono state invitate rigorosamente come uditrici. Questo
significa che non avevano alcun diritto di parola, ma potevano partecipare ed ascoltare.
Questo a partire, però, dalla terza sessione del Concilio, perché nella seconda sessione
del Concilio il cardinale Suenens ha fatto emergere qualcosa che c’era già negli altri
Padri conciliari, notando l’assenza delle donne da una assise così globale. Alcuni
vescovi e alcuni teologi le hanno invitate all’interno dei lavori delle Commissioni
e lì hanno potuto esprimere e far passare anche alcune cose”.
In particolare
l’influenza delle uditrici nelle commissioni si ebbe su due documenti: la Lumen
Gentium, dove si sottolinea, tra l'altro, il rifiuto di ogni discriminazione sessuale,
e la Gaudium et Spes, in cui emerge una visione unitaria della persone umana
e l’uguaglianza fondamentale dei due sessi. Una presenza solo apparentemente marginale,
quindi, ma rivelatrice di come la Chiesa stava ripensando il ruolo della donna nella
comunità. Mons. Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina e assistente nazionale
dell’Azione Cattolica:
“Se per valutare il ruolo delle donne, vediamo soltanto
gli scranni su cui siedono, non risolviamo niente; ma se vediamo la pervasività della
loro esperienza di fede nella vita del popolo, credo che questa sia aumentata moltissimo.
Questo merito le donne l’hanno sempre avuto: le statistiche fanno vedere come permane
di più la fede nei figli, se è la linea femminile che li aiuta a crescere e quindi
la mamma, la nonna… Oltre a questo c’è anche una seria condivisione delle responsabilità
all’interno della comunità cristiana”.
Da questo senso di responsabilità
nasce l’esigenza di riunire le donne teologhe in un’associazione, per offrire un punto
di vista non diverso, ma complementare a quello maschile. Ancora Marinella Perroni:
“Le
donne fanno una vita molto spesso diversa da quella degli uomini: le donne non possono
accedere al ministero e quindi fanno una teologia interna alla città, da donne credenti
ma interna più al laicato. Inevitabilmente pone la teologia insieme a tanti altri
saperi all’interno dell’Agorà, e quindi modifica anche la funzione e l’identità del
pensiero teologico”.