Processo in Vaticano. Gabriele: "Sono innocente". La Gendarmeria: rispettati i diritti
del detenuto
“Volevo trovare una persona con la quale sfogarmi per condividere lo sconcerto”. Così
Paolo Gabriele ieri nella seconda udienza in Vaticano dove è accusato di furto aggravato
di documenti riservati. L’ex assistente di camera del Papa si è dichiarato innocente
per il reato contestatogli: non ho rubato documenti, ha detto, “mi sento colpevole
per aver tradito la fiducia che aveva riposto in me il Santo Padre”. Durante l’acquisizione
delle testimonianze, sono emersi particolari sullo stato di detenzione in cella d’isolamento
durante il primo periodo di arresto di Gabriele. Disposta dal promotore di giustizia
l’apertura di un fascicolo per accertare se sono stati rispettati gli standard internazionali,
confermati, comunque, da una nota della Gendarmeria. Il processo è aggiornato oggi,
alle 9.00, in Vaticano. A seguire il processo per la Radio Vaticana c’è Massimiliano
Menichetti:
Un’ora e dieci
minuti: tanto è durato l’interrogatorio di Paolo Gabriele che ha ricostruito tutta
la vicenda, dichiarandosi innocente per il reato che gli viene contestato. Gabriele
ammette di aver fotocopiato e diffuso, ma non di aver sottratto, rubato, documenti
riservati. “Mi sento colpevole – ha dichiarato nella piccolissima aula delle udienze
del Tribunale Vaticano – di aver tradito la fiducia che aveva riposto in me il Papa”.
“L’intenzione – ha spiegato l’ex aiutante di Camera di Benedetto XVI, facendo riferimento
ai documenti pubblicati – era quella di trovare una persona di fiducia con la quale
sfogarmi e condividere lo sconcerto per una situazione diventata insopportabile, ad
ampio raggio, in Vaticano”.
Apparentemente sereno, con pacatezza, ha riferito
ai magistrati di aver agito da solo “nel modo più assoluto”, di aver cominciato ad
archiviare materiale dal 2010 durante il cosiddetto “caso Viganò” (la vicenda che
riguardò l’allora segretario del Governatorato, il vescovo Carlo Maria Viganò, oggi
nunzio negli Stati Uniti), anche se alcuni fogli risalgono al 2006 perché raccolti
casualmente dall'imputato. Ha ribadito che non ha mai preso soldi, mai avuto una pepita
d’oro e mai visto l’assegno da 100 mila euro, rinvenuti, secondo le carte processuali,
in casa sua, in Vaticano dopo essere stati sottratti dall’appartamento papale insieme
a una copia rara dell’Eneide. Il libro, di cui ignoravo il valore – ha comunque precisato
l’ex aiutante di camera – mi è stato dato da mons. Gänswein, segretario del Papa,
per i miei figli. “Non escludo, ma non è un’assunzione di colpevolezza – ha comunque
aggiunto – che l’assegno sia potuto finire nelle carte che avevo fotocopiato”.
Poi,
su richiesta del suo avvocato, Cristina Arru, ha confermato che i primi giorni di
detenzione, presso la cella di custodia nella Caserma della Gendarmeria Vaticana,
sono stati difficili per lo spazio ridotto e per la costante luce accesa. Il Tribunale
ha disposto l’apertura immediata di un fascicolo per accertare se siano stati rispettati
gli standard minimi internazionali di detenzione. Una nota della Gendarmeria si è
poi espressa in tal senso, ribadendo che Gabriele è stato trasferito dopo circa 20
giorni in un altro ambiente inagibile al momento dell’arresto. E che solo per motivi
di sicurezza, e per evitare atti di autolesionismo, la luce è rimasta accesa per ventiquattr’ore
al giorno.
Cinque i testi ascoltati oggi, tra i quali anche il segretario del
Papa, mons. Georg Gänswein, il quale ha ribadito la massima fiducia che aveva in Gabriele,
di non aver mai sospettato nulla fino a quando non ha visto divulgate tre missive
indirizzate a lui personalmente e che mai avevano abbandonato la sua stanza. Mons.
Gänswein ha confermato di aver visto dei documenti originali tra gli atti sequestrati.
I
gendarmi, interrogati, hanno spiegato che la grande quantità di materiale rinvenuta
in casa di Gabriele durante la perquisizione dell’abitazione non ha permesso di vagliare
il materiale in loco, e che quindi sono state sequestrate le ormai note 82 scatole
piene di fogli e materiale informatico.