Morto a Roma Shlomo Venezia, sopravvissuto ad Auschwitz. Testimone della Shoah
E' morto, a Roma, Shlomo Venezia, ebreo italiano, tra i sopravvissuti all'internamento
nel campo di concentramento nazista di Auschwitz-Birkenau. Aveva 89 anni. Durante
la prigionia, fu obbligato a lavorare nei Sonderkommando, squadre composte
da internati e destinate allo smaltimento e alla cremazione dei corpi nelle camere
a gas. Instancabile il suo impegno nella testimonianza dell’orrore della Shoah tra
i giovani. Cordoglio è stato espresso dal presidente della Camera, Gianfranco Fini.
Per un ricordo di Shlomo Venezia, Paolo Ondarza ha intervistato il compagno
di prigionia ad Auschwitz, Piero Terracina:
R. – Abbiamo
avuto esperienze terribili tutti e due. Direi che quelle di Shlomo sono state le più
terribili: a contatto continuo, per tutta la giornata, con la morte. Lui era addetto
alle camere a gas e ai forni crematori, nel centro del massacro. Di quelli che erano
al Sonderkommando è stato l’unico italiano che è tornato, che è riuscito a
sopravvivere. E’ una perdita grave, gravissima, per tutti noi. E' la perdita di una
persona che conosceva i fatti ed è una perdita perché – tra l’altro – lui si era dedicato
molto alla testimonianza.
D. – Proprio questo suo impegno nella testimonianza
è stato un lavoro assiduo, un lavoro che lo motivava profondamente, perché era convinto
che la memoria fosse fondamentale, irrinunciabile per andare avanti…
R. – Sì,
lo scopo era quello. E’ lo scopo che abbiamo noi tutti, che ci dedichiamo alla testimonianza
rivolta soprattutto ai giovani. Il nostro impegno è questo. Shlomo l’ha fatto veramente
a tempo pieno. Speriamo che qualche cosa rimanga.
D. – Tra i giovani che lo
hanno ascoltato nei luoghi in cui Shlomo Venezia è andato a dare testimonianza, il
ricordo è vivo, è forte: una testimonianza, dunque, che ha lasciato un segno. Questa
è la sua eredità e questo lo rende ancora vivo tra i giovani a cui ha parlato…
R.
– Sì, questa è la nostra speranza. Quando noi andiamo a parlare con i giovani, rimane
qualcosa di positivo: rimane la consapevolezza di avere lasciato delle emozioni, delle
commozioni. E questo significa che un segnale è arrivato. E’ molto importante per
noi. E’ importante per il futuro: i giovani, gli uomini di domani, avranno un giorno
una famiglia e racconteranno ciò che hanno ascoltato. Questo penso che sia la cosa
più importante.