Compie 60 anni il Caritas Baby Hospital a Betlemme aperto a bimbi di ogni cultura
e religione
60 anni fa nasceva a Betlemme il Caritas Baby Hospital, un ospedale che presta soccorso
e conforto ai bambini del luogo senza distinzioni di cultura o religione. La sua storia
e la sua missione sono raccontate da suor Lucia Corradin, delle Suore Francescane
Elisabettine, presenti nella struttura dal 1975. L’intervista è di Luca Pasquali:
R. – Il Caritas
Baby Hospital è l’unico ospedale pediatrico presente in tutta la Cisgiordania e ha
trovato il suo inizio alla vigilia del Natale del 1952, grazie ad un religioso svizzero
– padre Ernst Schnydrig – che si trovava in pellegrinaggio con un piccolo gruppo di
amici, proprio durante il periodo natalizio. Incontrano un papà arabopalestinese
di un campo profughi qui vicino – il campo di Aida – mentre questo padre di famiglia
stava seppellendo il figlio che era morto di freddo e denutrizione. Il prete resta
sconvolto dall’incontro, perché si sente interpellato da una forte domanda: “Come
mai questo succede a Betlemme, nel momento stesso in cui io mi sto recando alla grotta
per incontrare il Signore?”. Lui avverte che il Signore si è servito di quell’evento
per fargli capire che dovesse essere lui il promotore di un’opera sanitaria a favore
dei bambini palestinesi. A conferma di questo evento, questo piccolo gruppo di amici
decide di recarsi nei campi profughi e di raccogliere i bambini malnutriti. Quando
questo religioso ritorna nella sua diocesi, ovviamente, comincia a fare il “tam tam”
in tutte le diocesi e tutte decidono all’unanimità di fondare un’associazione che
in tedesco si chiama “Kinderhilfe Bethlehem”, in italiano “Aiuto bambini Betlemme”.
Questa è ancora oggi l’organismo che gestisce la struttura sanitaria per i bambini,
senza alcuna distinzione di razza e religione, oltre all’aspetto educativo e di supporto
nei confronti delle mamme. Questo perché nella cultura araba la donna ancora oggi
si trova in una condizione di minorità, di inferiorità rispetto all’uomo. L’opera
è nata come una risposta di solidarietà.
D. – Come si riesce oggi a portare
sostegno e conforto ai bambini in Medio Oriente, un luogo in cui sembra così difficile
la convivenza tra culture e religioni differenti?
R. - Caritas Baby Hospital
è un’opera voluta da Dio: lo conferma il fatto che esistiamo ancora oggi, dopo sessant’anni
di presenza; è come rendere lode al Signore, per questa opera che lui ha voluto e
che continuerà a portare avanti. Più si è in contatto e si promuove questa opera di
solidarietà per il bene dei bambini e delle mamme, tanto più passa il messaggio che
la cristianità è vissuta nel tessere relazioni.
D. – Quanti bambini oggi ricevono
cure presso la vostra struttura, e quali sono le malattie più diffuse, le problematiche
a cui dover far fronte maggiormente?
R. – La capienza totale della struttura
è attualmente di 82 posti letto, suddivisi tra due reparti di pediatria ed uno di
neonatologia; i piccoli pazienti vengono soprattutto per alcune malattie a livello
intestinale, dovute al fatto che non tutte le famiglie hanno la quantità sufficiente
di acqua, sia per lavarsi, sia per preparare da mangiare. Vengono anche per patologie
respiratorie, anche queste legate alle condizioni di vita; ci sono malattie cardiache,
malattie motorie e poi malattie come la fibrosi cistica o altre, che sono connesse
all’incremento dei matrimoni tra consanguinei. Cerchiamo soprattutto di creare con
le famiglie punti di informazione ed educazione, per potere poi parlare anche
di prevenzione.
D. – Sono presenti le Suore Francescane Elisabettine
da molti anni, ormai. Qual è l’impegno delle suore all’interno di questo ospedale,
e come nasce questa missione?
R. – Siamo state volute dallo stesso fondatore.
Lui voleva che all’interno dell’opera ci fosse una presenza religiosa, che si facesse
garante delle due anime significative dell’opera: restituire rispetto e dignità alle
persone più fragili e trovare, con i locali, le strategie migliori che, nel rispetto
della loro cultura, potessero salvaguardare queste due anime ispiratrici.