2012-09-29 08:11:01

Siria: ieri oltre 100 morti. Gli Usa annunciano 45 milioni di dollari a favore dell'opposizione


Ancora violenti scontri, in Siria. La battaglia tra ribelli ed esercito si concentra soprattutto ad Aleppo, la più popolosa città del Paese dove nelle ultime 24 ore si contano decine di vittime ed esecuzioni sommarie. Gli Stati Uniti annunciano aiuti per 45 milioni di dollari a favore dell’opposizione nell’ambito del gruppo “Amici della Siria” che si è riunito in queste ore a New York. L’Onu, intanto, rinnova il mandato alla Commissione d’inchiesta che indaga sui crimini di guerra. Sul terreno, il bilancio della giornata di ieri è di almeno 117 morti. Il servizio è di Marina Calculli: RealAudioMP3

Combattimenti senza precedenti stanno infiammando la città di Aleppo da due giorni. I ribelli rivendicano molte vittorie, ma è evidente che il controllo dello spazio urbano non sia ancora nelle loro mani. Nella capitale, invece, le truppe del regime di Assad hanno lanciato un’offensiva durissima contro alcuni quartieri, perquisendo e distruggendo moltissime case. Intano Washington avverte che le armi chimiche del regime sono state trasferite, pur restando sempre sotto il controllo dell’esercito. L’opposizione invece rivendica maggior aiuto dall’estero: la Casa Bianca stanzierà altri 45 milioni di dollari per aiutarli, che andranno però investiti in materiale per la comunicazione e non in armi. A Ginevra intanto il Consiglio dei diritti dell’uomo ha prolungato il mandato per una commissione di inchiesta internazionale sulla Siria. La neo commissaria Carla del Ponte – ex procuratore del tribunale per la Ex Jugoslavia – ha invocato il rischio di una guerra confessionale.

A causa dell'incessante ondata di profughi in fuga dalla Siria, Iraq, Giordania, Turchia, ma soprattutto Libano rischiano di non poter far fronte agli arrivi e all’assistenza. Proprio a Beirut Davide Maggiore ha intervistato Davide Bernocchi, rappresentante di Catholic Relief Services nel Paese dei Cedri, che traccia un drammatico profilo della situazione:RealAudioMP3

R. – L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, ad oggi ha registrato più di 200 mila rifugiati provenienti dalla Siria nei Paesi circostanti; i numeri reali sono chiaramente molto più alti. La situazione è diversa da Paese a Paese. Turchia e Giordania hanno istituito dei campi, la stessa cosa avviene adesso in Iraq mentre in Libano l’assistenza è più diretta e viene direttamente dalle Nazioni Unite o dalle organizzazioni non governative.

D. – Cosa si può dire più in particolare di quanto sta accadendo in Libano, per quanto riguarda l’assistenza?

R. – Il Libano, in termini di numeri, è il secondo Paese per numero di rifugiati: sono più di 75 mila le persone che finora sono state assistite dalla comunità internazionale e dalle associazioni umanitarie. Anche qui i rifugiati reali sono molti di più. Il problema è che Libano e Siria sono due Paesi con una contiguità storica ed etnica molto forte, per cui molti rifugiati, in realtà, sono assistiti da familiari o gente che appartiene alla loro comunità; altri si possono permettere ad oggi di affittare una casa, anche perché il Libano non richiede particolare burocrazia per l’ingresso dei siriani. Il problema è per il futuro: ci chiediamo che cosa succederà se la situazione di crisi in Siria si protrarrà e queste persone non potranno più permettersi di essere autosufficienti in Libano.

D. – In questo contesto, come agisce Catholic Relief Services?

R. – Catholic Relief Services lavora a livello regionale con tutte le Caritas dei Paesi limitrofi che accolgono rifugiati. In realtà, Catholic Relief Services ha un’esperienza di lunga data sia in Giordania sia in Libano, e ha lavorato con le Caritas locali nell’accoglienza dei profughi iracheni. E quindi, questa è una base molto solida per il lavoro che si sta facendo ora con i siriani. Direi che l’elemento dei rifugiati iracheni è un elemento al quale bisogna porre attenzione: la Siria ne aveva ben oltre un milione, molte di queste persone non sono in condizioni di rientrare in Iraq per cui la comunità internazionale deve veramente riservare attenzione alla loro sorte.








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