2012-09-29 15:27:45

Africa: per svilupparsi il continente ha bisogno di gestire in proprio le risorse naturali


“Se l’Africa raggiungerà il suo sviluppo dipenderà da come il continente gestirà le sue risorse naturali”: questa la convinzione raggiunta da parlamentari europei al fianco di parlamentari africani, riuniti a Roma per iniziativa dell’Awepa che - lo ricordiamo - rappresenta un coordinamento di membri delle assemblee parlamentari nazionali d’Europa, attivo per rafforzare le istituzioni democratiche nel continente africano. L’incontro ha dato luogo a una Dichiarazione politica, sulla quale riferisce Silvia Koch:RealAudioMP3

La stima sul ricavo delle risorse africane ammonta a 50 mila miliardi di dollari. Infinitamente più piccolo l’aiuto allo sviluppo destinato ogni anno al continente dalla comunità internazionale. Se l’Africa fosse padrona delle sue ricchezze, dunque, avrebbe tutti gli strumenti per rendersi autonoma dal soccorso dell’Occidente e liberarsi definitivamente dall’immagine di continente povero. Un accenno alle linee guida indicate per raggiungere questo obiettivo: lotta all’evasione fiscale e alla corruzione, promozione di un approccio regionale coordinato tra i Paesi africani, di regole vincolanti nel mercato delle materie prime, controllo e capacità sanzionatoria sulle industrie estrattive, siano esse cinesi, americane o europee, che dovranno prevedere programmi di sviluppo inclusivo per le popolazioni locali. Sul significato della dichiarazione congiunta, raggiunta a Roma dai deputati europei e africani chiamati a promuoverla con forza, in futuro, presso le istituzioni dei rispettivi Paesi, riferisce la presidente dell’Awepa e ministro del Belgio, la Signora Miet Smet:

R. – Je veux le synthétiser dans une phrase, exprimé par le président du...
Lo direi in una frase del presidente del parlamento panafricano: l’Africa è molto ricca di risorse, ma la gente è molto povera di mezzi. I parlamentari africani hanno presentato le loro statistiche e hanno suggerito delle soluzioni. Ogni Paese deve avere una legislazione sulla fiscalità, perché ci sono fortune immense delle multinazionali che spariscono letteralmente all’estero. I parlamenti devono produrre leggi, sia in Africa sia in Europa. Anche le nostre imprese europee devono essere assolutamente controllate affinché non ci sia sfruttamento illegale.

Ma come è regolato il mercato delle risorse minerarie in Africa? La risposta della dottoressa France Bourgouin, ricercatrice presso l’Istituto Danese di Studi internazionali:

R. – Chaque Pays aura sa réglementation, sa loi pour la gestion…
Ogni Paese avrà la sua regolamentazione e le sue leggi per regolare la gestione delle attività di estrazione. Ci sono però clausole di eccezione che consentono contratti diretti con la compagnia, quindi in teoria c’è un quadro politico ma in pratica sono relazioni bilaterali. In molti casi, le società hanno grande libertà di pagare o non pagare.

D. – Cosa caratterizza il quadro africano rispetto a quello degli altri continenti, che pure hanno risorse naturali?

R. – Déjà il faut voir que les activités minières…
Quello che si può dire dell’Africa è che l’attività di estrazione mineraria è relativamente nuova: in alcuni Paesi è nata dieci anni fa. E questo è molto diverso da quello che succede in America del Sud, dove i Paesi sono abituati al commercio di questo tipo già da moltissimi anni. L’altro aspetto è il legame tra i governi e le compagnie di estrazione: in Africa è un’attività totalmente privatizzata: il governo vende le concessioni – siamo in pieno neoliberalismo – e le operazioni sono fatte a livello strettamente privato. In America Latina, invece, è lo Stato il proprietario della miniera e la società agisce per conto dello Stato. In Africa, purtroppo, l’industria è fortemente globalizzata e non esiste una vera e propria regolamentazione internazionale. Ci sono molte direttive volontarie che vengono applicate dalle multinazionali, ma hanno pochissimo impatto sui Paesi stessi a livello dei governi. Ci sono anche modelli di concessioni standardizzate, ma non si conosce nessun esempio di un Paese o di una multinazionale che li abbia adottati. Ci vorrebbe sicuramente una regolamentazione internazionale per evitare la non trasparenza che regna oggi e, al contempo, politiche nazionali molto più forti per regolare queste relazioni.







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