2012-09-28 14:11:33

Nuova giornata di sangue in Siria: almeno 60 morti. L’Onu lancia l’allarme profughi


Ancora una giornata di sangue in Siria, mentre la comunità internazionale è sempre più preoccupata per l’escalation di violenza in atto. "C’è il rischio che si trasformi in un campo di battaglia regionale" hanno denunciato il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, il numero uno della Lega Araba, Nabil el Araby, ed il rappresentante speciale Lakhdar Brahimi, durante un incontro al Palazzo di Vetro a margine dell'Assemblea Generale dell'Onu. Il servizio è di Salvatore Sabatino:RealAudioMP3

E’ un venerdì di sangue per la Siria. L’ennesimo di questa guerra che continua a produrre morte e distruzione. Sono almeno 60 le persone rimaste uccise solo oggi, alcune delle quali sono state finite in esecuzioni sommarie. E’ accaduto ad Aleppo, dove infuria una battaglia definita “senza precedenti” da testimoni sul posto; ma scontri si segnalano anche in alcuni popolosi sobborghi di Damasco. Una carneficina che produce anche un’incessante ondata di profughi, così come dichiarato dall’Onu, che prevede entro la fine dell’anno oltre 700mila persone in fuga dal Paese. Intanto il Consiglio Onu sui diritti umani ha approvato a Ginevra il rinnovo del mandato della Commissione d’inchiesta sulla violazioni in Siria. Riuniti in sessione a Ginevra i 47 Paesi membri hanno approvato una risoluzione in tal senso con 41 voti a favore, 3 astenuti e tre contrari: Russia, Cina e Cuba.

A causa dell'incessante ondata di profughi in fuga dalla Siria, Iraq, Giordania, Turchia, ma soprattutto Libano rischiano di non poter far fronte agli arrivi e all’assistenza. Proprio a Beirut Davide Maggiore ha intervistato Davide Bernocchi, rappresentante di Catholic Relief Services nel Paese dei Cedri, che traccia un drammatico profilo della situazione:RealAudioMP3

R. – L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, ad oggi ha registrato più di 200 mila rifugiati provenienti dalla Siria nei Paesi circostanti; i numeri reali sono chiaramente molto più alti. La situazione è diversa da Paese a Paese. Turchia e Giordania hanno istituito dei campi, la stessa cosa avviene adesso in Iraq mentre in Libano l’assistenza è più diretta e viene direttamente dalle Nazioni Unite o dalle organizzazioni non governative.

D. – Cosa si può dire più in particolare di quanto sta accadendo in Libano, per quanto riguarda l’assistenza?

R. – Il Libano, in termini di numeri, è il secondo Paese per numero di rifugiati: sono più di 75 mila le persone che finora sono state assistite dalla comunità internazionale e dalle associazioni umanitarie. Anche qui i rifugiati reali sono molti di più. Il problema è che Libano e Siria sono due Paesi con una contiguità storica ed etnica molto forte, per cui molti rifugiati, in realtà, sono assistiti da familiari o gente che appartiene alla loro comunità; altri si possono permettere ad oggi di affittare una casa, anche perché il Libano non richiede particolare burocrazia per l’ingresso dei siriani. Il problema è per il futuro: ci chiediamo che cosa succederà se la situazione di crisi in Siria si protrarrà e queste persone non potranno più permettersi di essere autosufficienti in Libano.

D. – In questo contesto, come agisce Catholic Relief Services?

R. – Catholic Relief Services lavora a livello regionale con tutte le Caritas dei Paesi limitrofi che accolgono rifugiati. In realtà, Catholic Relief Services ha un’esperienza di lunga data sia in Giordania sia in Libano, e ha lavorato con le Caritas locali nell’accoglienza dei profughi iracheni. E quindi, questa è una base molto solida per il lavoro che si sta facendo ora con i siriani. Direi che l’elemento dei rifugiati iracheni è un elemento al quale bisogna porre attenzione: la Siria ne aveva ben oltre un milione, molte di queste persone non sono in condizioni di rientrare in Iraq per cui la comunità internazionale deve veramente riservare attenzione alla loro sorte.







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