Nei cinema italiani, "Reality", l'ultimo film di Matteo Garrone
E' uscito venerdì nelle sale italiane “Reality”, l’ultimo film di Matteo Garrone,
Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes. Dopo il drammatico “Gomorra”, una
diversa storia italiana, raccontata attraverso le ossessioni e le ingenuità di un
aspirante partecipante al Grande Fratello. Il servizio di Luca Pellegrini:
Il mondo di
"Reality", in cui Matteo Garrone ambienta le tragicomiche avventure di Luciano,
pur essendo fiabesco, in fondo fa paura. Il protagonista, interpretato generosamente
da Aniello Arena, condannato all’ergastolo e impegnato da anni nel campo della recitazione,
è un pescivendolo napoletano che rimane lui questa volta impigliato nell’ossessione
televisiva per il Grande Fratello, dopo aver partecipato a un provino spinto dai parenti.
Il modello dell’Italia cui aspira è davvero inquietante, la finzione si sostituisce
alla realtà. Il regista romano a questo proposito precisa:
R. – La storia che
ho raccontato, è una storia che è accaduta realmente e quindi questo è un punto di
partenza. Però ci terrei a far notare che noi tutti viviamo in una società di consumi.
In qualche modo noi tutti siamo vittime di seduzioni, di paradisi artificiali. Ora
dipende chiaramente dai modelli che si hanno. Nel nostro caso, Luciano ha questo modello
di poter entrare nel mondo dello spettacolo e cambiare il proprio destino e quello
dei propri familiari. Poi lui, in qualche modo, si ritrova coinvolto dentro un meccanismo.
Non lo sento come un personaggio così lontano da me sinceramente... Anche io sono
fragile, sono vittima di mille seduzioni. Per questo non me la sento di fare discorsi
moralisti e dire: “Guardate questo personaggio, guardate come siamo ridotti!”. Io
sono parte di questo meccanismo, sono parte di questa società e sono umanamente vicino
a questo personaggio. Quindi con questo spirito ho seguito le avventure standogli
accanto, senza mai mettermi al di sopra e giudicare.
D. - Che cosa rappresenta
per Luciano e per molti la televisione?
R. - Per molti, il fatto di riuscire
ad entrare dentro la televisione, non è solo un fatto narcisistico, è anche una certificazione
della tua esistenza, cioè quello che accade in televisione, molto spesso è più vero
di quello che vivi tu nella vita di tutti i giorni. Quindi poter entrare dentro la
televisione, significa esistere. Di conseguenza, diventa un problema non solo narcisistico
ma esistenziale e questo riguarda tutta la seconda parte del film, in cui Luciano
sprofonda dentro questa ossessione.