Giornata contro lo spreco: impegno di 100 sindaci per il recupero di cibo
In occasione della prima Giornata contro lo spreco di cibo, che ricorre domani, parte
la campagna di sensibilizzazione "Nordest Spreco Zero". Sempre domani, a Trieste,
cento sindaci sottoscriveranno una carta che stabilisce pratiche e strategie per non
sprecare il cibo. Eliana Astorri ha parlato dell’iniziativa con il prof.Andrea Segré,preside della Facoltà di Agraria dell’Università di Bologna
e presidente di “Last minute market”:
R. - Lo spreco
è un fenomeno mondiale, perché i dati della Fao ci ricordano che si spreca ovunque:
nei Paesi cosiddetti sviluppati, questo spreco è alla fine della catena agroalimentare.
E’ proprio nel nostro modo di vivere, di fare la spesa, di accumulare tanto cibo,
spesso di pessima qualità, e quindi poi di sprecarlo, perché noi - purtroppo - non
diamo più valore al cibo, volgiamo spendere poco e quindi anche sprecarlo, gettarlo
via, quando è ancora buono... diventa quasi un’abitudine. La nostra lotta contro lo
spreco è partita dall’Unione Europea, in modo particolare dal Parlamento, perché volevamo
porre questo tema all’attenzione di tutti.
D. - Esiste dunque una risoluzione
del parlamento europeo su come evitare lo spreco di alimenti…
R. - Esattamente.
Noi abbiamo iniziato a lavorarci due anni fa, all’inizio di questa campagna, che si
chiama “Un anno contro lo spreco”. Il parlamento, dunque, ci ha lavorato, ha fatto
tanti emendamenti a questa dichiarazione ed ha votato in plenaria una risoluzione
che contiene degli elementi molto concreti e che tutti possono applicare in attesa
che diventi operativa dal punto di vista della Commissione europea. L’obiettivo della
Carta, che i cento sindaci firmeranno a Trieste, è proprio quella di declinare, dal
punto di vista operativo, la riduzione degli sprechi a partire dalle nostre comunità
locali e sociali.
D. - Come fate a recuperare questi alimenti che vengono
sprecati nella case e - suppongo - nei ristoranti?
R. - In verità dalle case
non si può recuperare e proprio per questo bisogna che parliamo e che cerchiamo di
indurre un comportamento più responsabile e forse anche un po’ più sobrio: non si
può recuperare il cibo dalle case, ma si può recuperare invece dai campi fino alla
grande distribuzione, passando per l’industria. Il nostro è un sistema sostenibile,
che abbiamo sviluppato all’università, nel senso che rispetta tutti i parametri economici,
ambientali e sociali, in pratica stimolando la donazione fra un "donatore" - che potrebbe
essere un ipermercato - che ha una eccedenza che deve smaltire, e un beneficiario
- solitamente un ente caritativo - che ha bisogno: promuovendo, però, questo scambio
in loco, perché trasportare, immagazzinare queste derrate potrebbe costare di più
rispetto al valore del recupero. E’ un “chilometro zero dello spreco”! Dobbiamo avere
ben chiaro che lo spreco è un fallimento del mercato e non può andare avanti così:
dobbiamo ridurlo in modo che le risorse si liberino e possano essere utilizzate per
favorire indigenti, esclusi, ma non dando - questo è il messaggio finale - gli avanzi
dei ricchi ai poveri. Non credo che questa sia la soluzione!