Memoria di S. Vincenzo de' Paoli, grande apostolo dei poveri. Intervista con mons.
De Palma
Ricorre oggi la festa liturgica di San Vincenzo de' Paoli, il Santo dei poveri. Luca
Collodi ha chiesto all'arcivescovo di Nola e sacerdote vincenziano, mons.
Beniamino Depalma, come è cambiata la povertà dai tempi del santo ad oggi:
R. – La povertà
oggi è cambiata, ci sono ancora zone dell’antica povertà ma ci sono povertà nuove.
Credo che Vincenzo de’ Paoli oggi parlerebbe lo stesso linguaggio di una volta. Dalla
crisi si esce con la solidarietà. Bisogna costruire la speranza, costruirla in modo
affettivo ed effettivo. Oggi, Vincenzo de' Paoli griderebbe ancora una volta contro
l’egoismo, contro le chiusure dei ricchi e direbbe a tutti il segreto per uscire dalla
povertà: guardare gli altri con il cuore e con gli occhi.
D. - Le istituzioni,
chi lavora per il bene comune del prossimo, degli altri, cosa possono fare per abbattere
la povertà?
R. - Oggi, le istituzioni devono pensare meno a se stesse. Basti
vedere quello che sta succedendo. C’è chi vive approfittando della povertà. Le istituzioni
devono preoccuparsi realmente e concretamente dei bisogni della gente. Devono realmente
condividere la sofferenza, il pianto le lacrime, i tanti interrogativi del popolo.
D.
– Oggi, c’è una povertà di cultura politica?
R. – Certamente, oggi la più grande
povertà - direbbe Paolo VI e anche Benedetto XVI - è la povertà di pensiero: se si
pensasse di più alla vocazione umana, al senso vero della politica che è un servizio
alla cosa pubblica, al bene comune, certi scempi non sarebbero sotto i nostri occhi.
D.
- La mancanza di speranza oggi è forse il peccato più grave che gli uomini possono
commettere?
R. - San Vincenzo de’ Paoli griderebbe il bisogno della speranza.
Costruire la speranza sarebbe il messaggio di Vincenzo de' Paoli oggi alla nostra
cultura e alla nostra gente.