L'arcivescovo dei maroniti di Cipro sulle speranze della "Primavera araba"
Parla della “necessità di avere pazienza” mons. Youssef Soueif, di origini libanesi
e arcivescovo dei maroniti di Cipro, e dice che “ci vuole tempo” per vedere i frutti
della cosiddetta “Primavera araba”. È questo il suo convincimento espresso ieri sera
a Bruxelles, nella sede della Comece, presentando la “Ecclesia in Medio Oriente”.
Nel concludere il dibattito attorno alla questione medio orientale e alla presenza
e partenza dei cristiani da queste terre -riferisce l'agenzia Sir - l’arcivescovo
ha affermato che “adesso è il momento giusto per essere presenti, per dialogare, per
lavorare attraverso le istituzioni sociali, culturali e l’esercizio della cittadinanza”.
Occorre fare presto perché i due terzi della comunità cristiana hanno lasciato l’Iraq
mentre altrettanto sta accadendo in Siria e altrove: “È una fuga per salvare la propria
vita, per cercare lavoro, ma soprattutto è una fuga ‘psicologica’ dalla loro terra
che pure è stata la culla del cristianesimo”. Un’emorragia che impoverisce tutti:
la Chiesa, le comunità locali, la società civile. “I mass media - ha commentato -
non aiutano a creare consapevolezza sulla situazione dei cristiani in Medio Oriente”,
anche per questo “occorre rafforzare le iniziative di pellegrinaggi, gemellaggi, legami
tra le Chiese in Europa e le Chiese locali per conoscere, sostenere, incoraggiare”.
“L’Esortazione post-sinodale ‘Ecclesia in Medio Oriente’ traccia una road map che
servirà per i prossimi 20-25 anni, per il tempo che sarà necessario a raggiungere
la maturità” ha sottolineato l’arcivescovo Soueif nella prima parte dell’incontro
alla Comece. “I temi di cui il Papa scrive nel secondo capitolo del documento”, ha
spiegato mons. Soueif, “rappresentano delle sfide positive molto alte: l’ecumenismo
spirituale e del servizio, il dialogo interreligioso nella sua dimensione di dialogo
della e nella vita quotidiana, la ‘sana laicità’, la libertà religiosa” e, parafrasando
il n.28 del documento post-sinodale, ha affermato: “Se il Medio Oriente imparasse
a vivere la fratellanza universale diventerebbe anche una esperienza positiva per
il mondo intero”. L’arcivescovo ha quindi raccontato di come, nella ordinarietà della
vita e degli incontri, “i musulmani ci dicono che la nostra presenza è un bisogno
per loro perché esprime la possibilità di un dialogo”, e che ”nonostante le divisioni,
le esperienze in comune sono molto ricche e vive”. L’arcivescovo cipriota, nel presentare
la struttura del documento post-sinodale, ha anche raccontato la propria esperienza
al Sinodo speciale per il Medio Oriente che si è tenuto nel 2010 e di cui è stato
segretario: “I Padri sinodali hanno tracciato un disegno schietto e franco della situazione
e dei problemi, soprattutto ecclesiali e spirituali, della regione”. Secondo mons.
Soueif, uno dei frutti del Sinodo è stato il fatto che Benedetto XVI abbia scelto
come titolo per il suo viaggio in Libano la frase di Gesù risorto “Vi dono la pace”,
a indicare che nella regione “è necessaria la pace politica, ma soprattutto è necessaria
la pace dei cuori, interiore, che è un dono di Gesù per tutti”. E a chi nel dibattito
ha chiesto quali fossero le reazioni, la disponibilità delle altre comunità a questi
inviti, l’arcivescovo ha risposto: “Io credo nel valore del prendere iniziative, nel
rispetto per le diverse sensibilità, sempre pronti al dialogo, anche in settori diversi
come la musica, l’arte, la dimensione sociale. Prudenti, ma aperti”. Un esempio di
questa prudenza, è stato rintracciato ad esempio nel fatto che il documento post-sinodale
non usi mai il termine “democrazia”, ma faccia riferimento ai valori di libertà, cittadinanza,
rispetto della dignità umana e di diritti fondamentali, anche presenti nelle altre
culture e religioni. (R.P.)