Accordo Nord-Sud Sudan sull'esportazione di greggio ma molte questioni sono irrisolte
Ad Addis Abeba, in Etiopia, Sudan e Sud Sudan hanno sottoscritto ieri un accordo per
creare una zona cuscinetto lungo la controversa frontiera e riprendere così le esportazioni
di greggio sul Mar Rosso. Un passo in avanti sul quale però pesano le molte questioni
irrisolte come i confini tra i due Paesi e lo status della regione petrolifera di
Abyei. Resta poi gravissima la situazione umanitaria sia nella zona del Nilo azzurro
che in quella dei Monti Nuba. Sull’intesa di ieri, Benedetta Capelli ha raccolto
il parere di Giorgio Musso, ricercatore di Storia dell’Africa all’università
di Padova ed esperto di questioni sudanesi:
R. – Questo
accordo anzitutto è avvenuto sotto fortissime pressioni internazionali. Le due parti
erano sotto pressione perché se non fossero giunte a un’intesa sarebbero scattate
sanzioni. Per questa intesa sulle esportazioni del greggio, in realtà le due parti
si erano già accordate per riprendere le esportazioni all’inizio di agosto, anche
se solo verbalmente. Ieri, lo hanno sottoscritto concretamente e hanno anche risolto
alcune questioni legate al confine tra nord e sud Sudan, che resta però ancora oggi
indefinito. Chiaramente, siccome i pozzi di petrolio sono nel sud ma l’oleodotto passa
attraverso il nord, se non ci fosse stata una definizione chiara del confine questo
avrebbe complicato tutto. Quindi, è stato fatto un passo in più.
D. – La creazione
di questa zona smilitarizzata potrebbe quindi spezzare il sostegno ai ribelli: un
tema sul quale entrambi i Paesi si accusano a vicenda…
R. – Sì, questa è una
delle questioni che di fatto rimangono irrisolte, perché entrambi i Paesi negano di
sostenere i rispettivi ribelli. Noi in questo momento abbiamo all’interno del nord
e all’interno del sud movimenti di guerriglia che si battono contro i rispettivi governi,
di fatto molto probabilmente sostenuti in maniera incrociata. Il movimento di guerriglia
nel nord contro il governo di Khartoum è una diretta emanazione dell’Splm, che è il
partito al governo al sud. Mentre, per quanto riguarda i gruppi di guerriglia che
stanno combattendo contro il governo del sud, la settimana scorsa, c’è stato un episodio
emblematico, quando addirittura anche le Nazioni Unite hanno messo su carta il fatto
di avere visto un aereo che molto probabilmente stava scaricando armi per i ribelli.
Il fatto è che però nessuna delle due parti ammette il fatto, quindi è molto difficile
che anche solo inizino a parlare su questo punto.
D. – Altre questioni irrisolte
lo stavamo accennando: le frontiere ma anche la proprietà della regione petrolifera
di Abyei. Si è tutto rinviato a una nuova tornata negoziale, ma quali sono le difficoltà
più grandi?
R. – Queste questioni di confine sono indubbiamente le più spinose.
Abbiamo due questioni separate. Sul confine tra il nord e sud, c’è un 20% del confine
su cui le due parti non sono d’accordo e questa porzione di terreno - è stato detto
- sarà determinata attraverso futuri accordi politici oppure attraverso arbitrate
internazionali. Abyei è una zona posta al confine tra nord e sud: è una zona petrolifera
anche se i pozzi di Abyei sono stati sfruttati molto intensamente negli anni scorsi
e quindi non rimane più tanto petrolio. Ad Abyei doveva svolgersi un referendum, proprio
quando si è votato per l’indipendenza del Sud Sudan, in cui i cittadini di Abyei decidevano
se andare con il sud o se andare con il nord. Il problema è che le due parti non sono
riuscite a mettersi d’accordo su chi avrebbe votato a questo referendum, perché Abyei
è abitata da una popolazione sedentaria di origine sudista e stagionalmente attraversata
da una popolazione nomade del nord. Quindi, naturalmente il nord vorrebbe che questi
nomadi votassero nel referendum mentre il sud vuole che questi nomadi non siano inclusi
e, su questo, nord e sud hanno già rischiato una volta di andare in guerra. Nemmeno
ieri si sono messi d’accordo.