A Lampedusa la 10.ma edizione di "O' Scià". Intervista con Claudio Baglioni
Ciao "O’ Scià": si intitola così la manifestazione artistica ospitata dall’isola di
Lampedusa da ieri fino a domani. Giunto alla decima edizione, l’evento vede dodici
artisti italiani – tra cui Luciano Ligabue e Fiorella Mannoia – salire sul palco per
ribadire l’importanza dell’integrazione e per non spegnere i riflettori su un’isola
approdo dei migranti. Isabella Piro ha parlato con l’ideatore dell’iniziativa,
il cantautore Claudio Baglioni:
R. - Una manifestazione
che in Italia riesce ad andare avanti per dieci anni è già un piccolo miracolo. Questa
è una storia che è cominciata piano piano, con molta modestia e forse la stessa pacatezza,
la stessa sensazione del sensibile, del poco, l’ha mantenuta per tutto il tempo.
Poi quest’anno - in cui sembrava veramente impossibile organizzare questo decennale
- si è invece riusciti a tagliare il traguardo dei dieci anni di storia.
D.
- Molto del lavoro organizzativo di questa edizione di "O’ Scià" viene svolto dai
volontari. È un segno importante…
R. - Sì, quest’anno poi veramente senza questa
azione di volontariato e senza la collaborazione di molta parte dell’isola di Lampedusa,
degli operatori turistici, sarebbe stato impensabile. Questo significa che c’è proprio
un’intenzione comune, in un Paese che tende sempre più spesso a dividersi, a lacerarsi,
con la politica anche nelle piazze mediatiche… Invece, questo segno di compartecipazione
è veramente molto interessante ed esemplare.
D. - Grazie ad "O’ Scià" arriva
a Lampedusa la prima risonanza magnetica a corpo intero, un gesto concreto per quest’isola…
R.
- Questo è veramente un oggetto tangibile e poi attraverso l’istallazione di questi
apparati verrà risistemata una buona parte anche del Pronto soccorso. Siamo felici
anche per questo: che isole così lontane vengano dotate di un macchinario sanitario
così utile, con la collaborazione del Ministero della Salute, della regione, dell’Assessorato
alla Sanità e la nazionale cantanti. Siamo contenti, questa è veramente una cosa che
si tocca con mano.
D. - Ad "O’ Scià" anche un torneo di calcio giovanile che
vede la sfida tra ragazzi rom e ragazzi siciliani. Lo sport come strumento di integrazione
quindi…
R. - Lo sport è sempre questo. Da poco ci sono state le Olimpiadi di
Londra e abbiamo visto quanto Paesi diversi, le etnie si sappiano mescolare, i tratti
somatici, i colori, i costumi. E’ bene che questo lo si cominci a fare fin da piccoli,
anche perché quando si è piccoli non si hanno pregiudizi, poi cominciamo culturalmente
a crearli. Allora, l’intenzione è di fare un torneo giovanile di calcio del Mediterraneo,
per stabilire ancora una volta che il mare non è un elemento che divide, ma che unisce.
Tutta la società moderna nasce intorno al Mediterraneo. Il torneo si chiama “Passa!”,
proprio come si dice da bambini quando c’è un pallone - “Dammelo che anch’io ci gioco
un po'” - ma è anche l’idea di darsi una mano, di aiutarsi in questo senso, di collaborazione
e di preparazione per un futuro migliore.
D. - In Italia, nella zona del Mediterraneo
in generale, in dieci anni come è cambiato l’approccio alla questione delle immigrazioni?
R.
- Purtroppo, non c’è da raccontare grandissimi risultati. Il mondo è molto complesso,
stiamo assistendo anche in questi ultimi tempi a grandi turbolenze in molti Paesi
del mondo, non si è riusciti a realizzare un insieme di soluzioni a quello che però
è un avvenimento epocale. Poi, in un momento di crisi come questo si sentono ancora
di più le differenze, i dolori, le difficoltà e allora si continua a lavorare, sperando
che questa non sia materia di speculazione solamente per un consenso elettorale, ma
che vada in fondo ai problemi, con capacità, con maturità, affinché la stessa opinione
pubblica sia meglio informata.
D. - Come cambiare questa mentalità?
R.
- Seguire l’esempio di quanti ogni giorno lavorano nel rispetto degli altri, nell’idea
della solidarietà, nella capacità di mettere insieme energie, nel non facile cammino
della cosiddetta integrazione, perché nulla è facile. E’ un processo duro e faticoso
per tutti, però dobbiamo continuare. Una delle grandi frasi di qualsiasi fede religiosa
e fondamento di vita: “Ama il prossimo tuo come te stesso”.
D. - Sul palco
insieme a te anche 11 artisti italiani. Cosa dà la musica ad "O’ Scià" e cosa "O’
Scià" dà alla musica?
R. - "O’ Scià" è veramente un’occasione quasi unica nel
panorama generale, perché è musica che si fa su una spiaggia, molto improvvisata il
più delle volte. Negli anni ci sono stati più di 300 artisti tra musicisti, interpreti,
cantanti, attori, poeti. E' come trovarsi e fare un percorso insieme. Quest’anno,
è un’edizione estremamente particolare, con 11 grandissimi nomi - poi io mi aggiungerò
a loro - e alcuni sono proprio quelli che hanno voluto esserci in questa occasione.
Non saranno solo partecipazioni brevi, ma quest’anno saranno veramente dei mini concerti
o dei concerti interi, quindi è l’occasione per dire “Ciao O’ Scià”. L’abbiamo chiamato
così per questo, perché siamo felici di averla sotto i piedi e vicino al cuore.