Cresce in Europa il traffico di esseri umani: in aumento le donne sfruttate sessualmente
Il traffico di esseri umani è la seconda fonte principale di profitto per i criminali
dopo quello di droga. Un giro di affari che ammonta a 32 miliardi di dollari. La denuncia
è contenuta in un Rapporto presentato dall’ufficio degli Affari interni della Commissione
Europea. Tre quarti delle vittime sono oggetto di sfruttamento sessuale: il 79% sono
donne: tra di loro il 12% risultano essere minorenni. Romania e Bulgaria i Paesi più
colpiti. Benedetta Capelli ha raccolto la testimonianza di suor Eugenia
Bonetti, responsabile dell’Ufficio Tratta donne e minori dell’Unione superiori
maggiori d’Italia:
R. - Quello
che è ancora molto strano è che, dopo tanti anni che noi stiamo lavorando, non sembra
diminuire questa terribile schiavitù del 21.mo secolo: nella tipologia e nei numeri
continua a essere una forma di schiavitù sempre più in crescita. Le minorenni oggi
giorno aumentano sempre di numero. Il problema è enorme. Si parla di 12 milioni di
gente trafficata, di cui l’80 per cento per sfruttamento sessuale. Siamo sempre più
convinti che, se non aggiungiamo la riduzione della richiesta, soprattutto di sesso
a pagamento, noi non riusciremo mai a colpire questo terribile fenomeno. Pensiamo
che solo in Italia possiamo avere un giro mensile di ricerca di sesso a pagamento
di 9 milioni di clienti.
D. – Tra le cause di questa impennata di traffico
di esseri umani, secondo lei, ci può essere anche la crisi economica?
R. –
Non credo, potrebbe però essere un’aggravante. Il fatto stesso che continuano a esserci
le persone che cercano, usano poi ributtano sulla strada queste persone significa
che non c’è la crisi economica, vuol dire che per questo settore la crisi economica
non esiste. Abbiamo una grande responsabilità: ricordare a ogni persona che veramente
è fatta a immagine di Dio e non può essere mai trattata da schiava, mai da oggetto
di compravendita.
D. - Qual è il messaggio che si sente di lanciare?
R.
- Il messaggio è molto chiaro e molto bello. Abbiamo una legislazione che dal ’98
ci ha offerto l’opportunità di riconoscere, per queste persone, la riduzione in schiavitù.
Queste persone secondo la nostra legislazione potevano essere accolte nelle nostre
case famiglia e riprendere in mano la loro vita. Dal ’98 in un centinaio delle nostre
case famiglia che gestiamo in Italia come religiose sono passate oltre 6mila donne
che hanno recuperato la voglia di vivere. Purtroppo adesso abbiamo difficoltà ad applicare
questa legge, non perché la legge è cambiata, ma perché non viene più applicata, non
viene offerta la possibilità di aiutare in un modo vero e serio queste persone. Quindi
questo nostro appello anche alla nostra politica, alle nostre istituzioni, a quelli
che operano in questo settore: noi vogliamo avere una maggiore collaborazione. E’
necessario lavorare in rete per ridare a ogni persona la possibilità di riprendersi
e superare quel terribile passato che hanno vissuto in questi lunghi anni di riduzione
in schiavitù. Anni nei quali sono state svuotate di tutto.
D. - Lei dice che
non è cambiata la legge, ma allora cosa è cambiato?
R. – E’ cambiata l’applicazione
della legge, perché ormai la legge è ad libitum, ad personam. Se trovi un questore,
se trovi operatori governativi che veramente collaborano con le nostre istituzioni,
allora, tu puoi offrire a questa persona la possibilità di un vero recupero. Se questa
persona riesce ad avere un permesso di soggiorno, ritorna ad essere legalmente in
Italia con la sua dignità, con la sua voglia di offrire il suo lavoro, di rifarsi
davvero una vita… Ma quando noi abbiamo nelle comunità ragazze che possono stare 12,
18, 24 mesi, dopo che magari hanno fatto anche la denuncia dei loro sfruttatori, e
poi non riusciamo ad ottenere un permesso di soggiorno, queste persone vivono veramente
nella disperazione. Sembra quasi che noi le prendiamo in giro. Invece, c’è la possibilità
per loro, perché questa legge ce lo concede, soltanto che non viene più applicata
come doveva essere applicata e come è stata applicata in principio.