Siria. Il Patriarca Laham: tutti liberi gli ostaggi cristiani grazie al dialogo con
i rapitori
In Siria, sono stati liberati tutti i 240 i fedeli cristiani greco-melkiti, rapiti
ieri nel territorio circostante il villaggio di Rableh, situato tra il confine libanese
e la città di Qusayr, nella provincia siriana di Homs. A darne notizia è il patriarca
greco-cattolico di Damasco, mons.Gregorios III Laham, contattato telefonicamente
dalla collega della redazione francese della nostra emittente, Marie Duhamel:
R.
- Je viens juste d’apprendre la nouvelle… Sto apprendendo ora la notizia che sono
stati liberati, tutti, e questo è stato possibile grazie al dialogo tra la gente del
villaggio di Rableh e i rapitori armati… E’ un nuovo esempio per dire che con il dialogo
si può fare tutto, o meglio si può fare molto.
D. - Conoscevano i loro rapitori?
R.
- Il savent que le ravisseurs sont… Sanno che i rapitori sono persone che stanno
intorno al villaggio da 20 giorni e che vogliono un po’ attizzare il fuoco tra i differenti
gruppi religiosi, cristiani, musulmani… Però, le persone sul posto si conoscono tutte
e hanno saputo dove cercarli, hanno seguito una pista e hanno potuto sapere chi erano.
Sono andati da loro e le persone hanno detto: siamo anche noi cittadini siriani, dobbiamo
vivere insieme, non possiamo fare così, e sono riusciti a convincerli che si deve
vivere come fratelli.
D. - Cosa ha fatto cambiare idea ai rapitori? Immagino
che avessero preso in ostaggio queste persone per qualche motivo…
R. - 240
personnes… Erano 240 persone: non saprei dire perché. Ma sono sempre stato convinto
che il fatto di dialogare e le amicizie sul posto servono molto, bisogna insistere
molto sulle amicizie locali tra gli abitanti del villaggio e i vicini, è molto importante.
In arabo diciamo: il vostro vicino prima della vostra casa. Ed è il caso di dirlo
qui, perché è grazie ai loro contatti e alle loro amicizie…
D. - …che si riesce
ad andare avanti?
R. - Oui, il le faut et je crois... Sì, è necessario,
e credo che sia un buon esempio per tante situazioni.
D. - Si è capito perché
i rapitori avessero preso queste persone in ostaggio? Erano tutti greco-cattolici?
Lei pensa che era perché si trattava di cristiani?
R. - Non, non. A Rableh
il y a une communauté… No. A Rableh, c’è una grande comunità di greco-cattolici,
sono la maggioranza: ci sono maroniti, alawiti… Questo è il punto nevralgico, gli
alawiti. C’è oggi una tendenza a fare intervenire i cristiani perché il problema diventi
religioso, una guerra civile tra le diverse comunità. E’ questo che dobbiamo assolutamente
evitare. Tutti gli sforzi che noi patriarchi, vescovi, politici, dobbiamo fare sono
per evitare una guerra civile e una guerra tra fratelli.
D. - Secondo lei la
religione è stata strumentalizzata dai politici in questi ultimi tempi?
R.
- On voulait introduire surtout les chrétiens… Si volevano coinvolgere soprattutto
i cristiani per risolvere i problemi tra diverse comunità non cristiane, fare entrare
i cristiani tra i problemi dei musulmani con altri musulmani.
D. - Qual è
il suo appello per quanto riguarda questo problema particolare?
R. - Je viens
de finir une journée… Ho appena finito una giornata di studio, un piccolo congresso,
a Salzburg in Austria. C’erano un centinaio di persone di diverse comunità, il tema
è stato organizzata dal San Virgilio, un centro di studi. Hanno organizzato due giorni
di lavoro, incentrato sul tema “I cristiani in Siria: che avvenire?”. Ho parlato della
riconciliazione, ho proposto questo punto di vista sulla riconciliazione che è stato
ben accolto e ho detto: vedete, ecco un esempio di come si deve agire. Sono appena
tornato e ricevo la notizia: “Monsignore, deve stare tranquillo gli ostaggi sono stati
liberati”. La riconciliazione è la parola dell’avvenire per tutti, per tutta la Siria.