Mons. Ambrosio sull'ora di religione: c'è già attenzione alla realtà multiculturale
Il ministro dell’Istruzione Profumo è intervenuto ieri sull’ora di religione nelle
scuole, affermando che in un Paese "cambiato", con studenti che vengono da culture,
religioni e nazioni diverse, è necessaria "una revisione" dei programmi d'insegnamento.
Alessandro Guarasci ha chiesto un'opinione al riguardo al vescovo di Piacenza-Bobbio,
mons. Gianni Ambrosio, presidente della Commissione episcopale per l’Educazione
cattolica, la scuola e l’università:
R. – E’ già
cambiata la proposta dell’insegnamento della religione cattolica all’interno delle
scuole. Non è di certo una lezione di catechismo, bensì una introduzione a quei valori
fondanti della nostra realtà culturale che trovano la loro radice proprio nel cristianesimo.
Quindi, c’è una presentazione del cristianesimo visto in modo particolare, dal punto
di vista culturale, perché si tratta di un’aula scolastica e quindi è giusto, è bello
che tutti i ragazzi, tutti i giovani abbiano la possibilità di conoscere la visione
cristiana della vita, l’insegnamento cristiano. Per questo ritengo che davvero – essendo
in una realtà multietnica, multireligiosa, senza peraltro esagerarne la valenza –
già si impartisce una lezione culturalmente aperta proprio perché vi sia la possibilità
di una conoscenza e di un dialogo, anche, tra le diverse forme culturali e dunque
anche tra le diverse espressioni religiose. Mi pare quindi che dal punto di vista
dell’insegnamento questa attenzione alla realtà ci sia e che venga svolta con grande
dedizione da parte degli insegnanti della religione cattolica.
D. – Insomma,
cambiare vorrebbe dire – secondo lei – anche un po’ sminuire le nostre radici?
R.
– Solo se vi è una precisa identità e una conoscenza precisa della nostra identità
religiosa e culturale, siamo in grado di essere ospitali nei confronti di tutti e
dialoganti nei confronti di tutti. Quindi, è un invito a svolgere bene l'insegnamento
della dottrina cristiana e dell’insegnamento cristiano della religione, proprio perché
questo consente di favorire quel dialogo cui tutti noi italiani teniamo: a cominciare
naturalmente dai sacerdoti, ma poi anche dal nostro ministro.
D. – Dunque,
da quanto lei dice, in sostanza, un cambiamento del modo di insegnare la religione
è già nei fatti, nei programmi attuali?
R. – Esattamente. Proprio in vista
della revisione del Concordato, è stata attuata una riforma dell’insegnamento che
tenesse conto dei mutamenti in atto nella realtà italiana. E credo che la soluzione
trovata – da parte dello Stato italiano e da parte della Chiesa italiana – sia una
soluzione rispondente alle necessità del momento storico.