Il Papa e il valore della Parola vissuta: rende il regno di Dio tangibile e non un'utopia
senza speranza
“Mia madre e miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la
mettono in pratica”. È il brano del Vangelo di Luca della liturgia di ieri, che rimanda
all’essenza del cristianesimo e alla grande responsabilità di chi ha ricevuto il dono
della fede ed è chiamato a testimoniarlo. Su questo tema, di particolare attualità
in vista del prossimo Sinodo sulla nuova evangelizzazione, Alessandro De Carolis
ricorda alcune riflessioni di Benedetto XVI:
È una di quelle
risposte spiazzanti che Gesù dà ai suoi interlocutori. Una situazione ordinaria, come
può esserlo il ricevere notizia di una visita imminente, diventa una chiave che apre
su una visione nuova, il punto di vista di Dio che illumina un aspetto impensato e
impensabile all’uomo. In questo caso è l’affermazione che la “parentela” con Cristo
è un fatto di fede e di scelte non di sangue. Gesù non fa sconti: suo “fratello” –
sua “madre” persino – è colui che ascolta la Parola di Dio e la fa diventare realtà.
Non si scappa da questa “filiera” della fede: ascolto e azione, i Santi lo insegnano.
E Benedetto XVI lo ha ripetuto tante volte con chiarezza. “Per l’annuncio”, ha affermato
in una circostanza, “abbiamo bisogno di due elementi”:
“Testimonianza e
parola. E’ necessaria la parola, che fa apparire la verità di Dio, la presenza di
Dio in Cristo e quindi l’annuncio è una cosa assolutamente indispensabile, fondamentale”.
(Discorso al Clero romano, 26 febbraio 2009) E tuttavia,
come Paolo VI ricordava e ricorda, un maestro che sia solo tale non basta: “È
necessaria anche la testimonianza che dà credibilità a questa parola, perché non appaia
solo come una bella filosofia, una utopia. E in questo senso mi sembra che la testimonianza
della comunità credente sia di grandissima importanza. Dobbiamo aprire, in quanto
possiamo, luoghi di esperienza della fede". (Discorso al Clero romano, 26
febbraio 2009)
Far parte del Regno di Dio, e dunque essere parente
di Cristo, vivere nella sua casa, “non è – ebbe a dire il Papa tempo fa – una questione
di onori e di apparenze, ma, come scrive San Paolo, è giustizia, pace e gioia nello
Spirito Santo”.
“Perciò, non sa che farsene di quelle forme ipocrite di
chi dice ‘Signore, Signore’ e poi trascura i suoi comandamenti (...) Se mettiamo in
pratica l’amore per il nostro prossimo, secondo il messaggio evangelico, allora facciamo
spazio alla signoria di Dio, e il suo regno si realizza in mezzo a noi. Se invece
ciascuno pensa solo ai propri interessi, il mondo non può che andare in rovina”. (Angelus,
23 novembre 2008)