Pakistan. Nessuna prova contro Rimsha: il sostegno delle donne musulmane
Dopo una ulteriore settimana di indagini, la polizia pakistana ha riconosciuto che
non ci sono prove contro Rimsha Masih, la bambina cristiana arrestata per blasfemia
e poi liberata su cauzione. Lo conferma all'agenzia Fides l’avvocato cattolico Kahalit
Tahir Sindhu, parlamentare del Punjab ed esperto dei casi di blasfemia. Gli inquirenti
hanno confermato le responsabilità e l’opera manipolatoria dell’imam Mohammad Khalid
Jadoon Chishti, attualmente, in carcere, che ha aggiunto pagine bruciate del Corano
a quelle in possesso della ragazza. La bambina cristiana ha incassato il pieno sostegno
delle donne musulmane in Pakistan. Sulla vicenda, la Fides ha raccolto, infatti, le
opinioni di alcune rappresentanti musulmane della società, della politica e della
cultura in Pakistan. Amna Ulfat, Parlamentare del Punjab, ritiene Rimsha innocente
perché “è minorenne e analfabeta” e, riferendosi all’imam, stigmatizza “quanti commettono
tali crimini, utilizzando autorità giudiziarie per interessi personale”. “So che i
cristiani rispettano il Corano quanto la Bibbia”, conclude. Naveed Anjum, la presidente
della “Saf Foudation per le donne”, definisce l’arresto di Rimsha “disumano” e chiede
che “i colpevoli siano severamente puniti”. Faiza Malik, parlamentare e presidente
della sezione del Punjab del “Partito Popolare del Pakistan” dice a Fides: “A nessuno
deve essere permesso di giocare con le leggi del Paese. Fare del male a una bambina
disabile mentale è un atto vergognoso, da biasimare. Il suo rilascio e la sua innocenza
è una vittoria della giustizia”. Tahira Abdullah, musulmana e attivista dei diritti
umani, rimarca i punti oscuri della vicenda: “Nessun minore può essere messo in una
prigione per adulti e tenuto per tre settimane con pericolosi detenuti. Ciò che è
stato fatto a Rimsha è del tutto illegale. Inoltre la legge sulla blasfemia prevede
che i funzionari di polizia svolgano indagini prima dell'arresto e della registrazione
di una denuncia: anche questo è stato omesso”. L’attivista chiede che “Rimsha e la
sua famiglia siano posti sotto protezione dello Stato, che i cristiani del sobborgo
di Mehrabadi siano aiutati dallo Stato per essere reinsediati nelle loro case”. Le
donne musulmane pakistane chiedono, infine, di riattivare il Comitato parlamentare
per la revisione della legge sulla blasfemia. (R.P.)