2012-09-24 15:29:21

Mons. Shomali: Dio non permetterà mai la scomparsa dei cristiani dalla Terra Santa


Ad una settimana dalla conclusione del viaggio del Papa in Libano, si è tornati a parlare del problema dei cristiani in Medio Oriente. In particolare della diminuzione dei cristiani in Terra Santa. Su questa questione, Debora Donnini ha intervistato mons. William Shomali, vescovo ausiliare del Patriarcato latino di Gerusalemme:RealAudioMP3

D. – Dico con un ottimismo moderato che il Signore non permetterà mai la scomparsa dei cristiani dalla Terra Santa. A prova di quello che dico, davanti a me ho un paradosso: 160 anni fa, quando i cristiani rappresentavano il 10 per cento di tutta la Palestina – e questo secondo le statistiche del Consolato francese di quell’epoca, del 1848 - noi eravamo soltanto 21 mila cristiani in tutta la Terra Santa e questo vuol dire la Galilea, la zona di Gerusalemme e di Betlemme; ora, che stiamo diminuendo e diventando il 2 per cento, in tutta la Terra Santa – Israele, compresi i Territori palestinesi – siamo 180 mila, più i 230 mila lavoratori stranieri, più i russi che sono emigrati. Dunque il numero è paradossalmente aumentato, nonostante che la percentuale stia diminuendo. Io direi che il Signore non permetterà mai la scomparsa dei cristiani da Betlemme, Nazareth e Gerusalemme. Statisticamente stiamo però diminuendo: a Betlemme, ad esempio, 60 anni fa eravamo metà e metà, in tutto il distretto di Betlemme, mentre oggi in tutta la zona siamo vicini a 30 mila, ma su una popolazione di 200 mila. Questo vuol dire che siamo il 15 per cento.

D. – Che cos’è che determina l’esodo dei cristiani dalla Terra Santa? Ci sono delle forme di discriminazione?

R. – Prima di tutto c’è la situazione economica, che obbliga un cristiano a partire per cercare lavoro, per lui e per la sua famiglia. L’economia della Palestina è stata anche condizionata dalla situazione politica: l’occupazione israeliana, ma anche prima c’era il mandato inglese e la guerra civile; e prima ancora della guerra civile, c’era il regime turco, che non era certo un regime facile. Dunque con il peggioramento della situazione economica, tutto ha funzionato a sfavore dei cristiani. Anche se siamo una minoranza, abbiamo tutta la libertà religiosa e questo può apparire come un paradosso, perché qualcuno potrebbe dire: ma come? Siete stati aggrediti a Latrun! Siete stati aggrediti qua e là! Questo è vero, ma è anche vero che si tratta di eventi straordinari, che non capitano ogni giorno. I graffiti su questa chiesa o un cimitero dissacrato qua e là, sono eventi eccezionali e non si ripetono ogni giorno. Noi godiamo di una completa libertà religiosa. I motivi della partenza dei cristiani sono primariamente politici ed economici.

D. – Che cosa, secondo lei, è importante fare per la presenza dei cristiani in Terra Santa?

R. – Prima di tutto dar loro la fiducia sul fatto che la loro presenza è importante, che la loro presenza in Terra Santa è una chiamata del Signore - sono nati là, perché è il Signore che li vuole là – e che la loro presenza è una testimonianza. Dunque, far entrare la loro permanenza in un’ottica anche teologica e non soltanto materiale. Seconda cosa: un appoggio morale è molto importante e ritengo che tutti i pellegrinaggi che si fanno, con le visite alle parrocchie, sono molto importanti per i nostri cristiani, perché vedono che non sono soli. In terzo luogo è necessario sostenere tutti i progetti educativi, sanitari, di costruzione di case a favore dei cristiani: questo completa lo sforzo spirituale e lo sforzo dell’appoggio morale.







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