2012-09-22 08:16:35

Congo: violenze, profughi ed epidemia di Ebola nel Nord Kivu. L'allarme del Pam.


Le violenze continue del gruppo di ribelli M23 e l’epidemia di Ebola, stanno mettendo in ginocchio la Repubblica Democratica del Congo, in particolare la regione del Nord Kivu. Ieri il PAM, il programma alimentare mondiale ha lanciato anche l’allarme sul fronte degli sfollati, che secondo l’Onu hanno superato la soglia dei 2 milioni. Dal canto suo la Chiesa si sta mobilitando, per portare sostegno alla popolazione e per evitare una balcanizzazione del Paese. E' quanto sottolinea - al microfono di Cecilia Seppia - padre Alfonso Ramazani, del Consiglio generale dei missionari Saveriani:RealAudioMP3

R. - La ribellione dell’M23 si limita in questo periodo in una zona relativamente ristretta della provincia. Per quanto concerne l’eventuale scontro armato, secondo fonti attendibili, c’è un’attività diplomatica intensa attorno a questa ennesima crisi, che ci fa pensare ed augurare che non ci siano nuovi scontri in prospettiva tra i ribelli e l’esercito nazionale.

D. - Lei dice che siamo lontani dall’esplodere di un conflitto armato, però nell’eventualità quest’ultimo potrebbe coinvolgere Paesi confinanti, alcuni dei quali accusati anche di appoggiare i ribelli contro l’esercito di Kinshasa?

R. - Tutto può accadere, e lo dico perché si sa che il sostegno alla ribellione nell’Est del Congo dura, come dura pure la negazione della sua evidenza da parte dei suoi sostenitori. A proposito di questo sostegno da parte di un Paese confinante: il presidente del Congo, Joseph Kabila, ha dichiarato - il 30 luglio scorso - che si tratta di un segreto noto a tutti, però prima del presidente congolese, l’Ong Human Rights Watch e gli esperti delle Nazioni Unite avevano già pubblicato i loro rapporti contenenti le schiaccianti prove sull’implicazione di un Paese confinante nella destabilizzazione della pace nell’Est del Congo.

D. - Ma la popolazione di quest’area come vive: sente comunque paura nei confronti dei ribelli, delle loro azioni?

R. - Certo. Lei può immaginare una mamma, un babbo che si trovano sempre a dover scappare e non andare a lavorare nei campi… Come può vivere una persona? La paura c’è sempre.

D. - In Congo c’è anche l’epidemia di ebola. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha detto che ci sono 46 casi di contagio, 19 dei quali fatali. Questa è un’altra emergenza che il Paese si trova a fronteggiare.

R. - Certamente, è una sofferenza che si aggiunge ad altre sofferenze e non è la prima volta; è questo il problema. Sfortunatamente, anche strutture statali non sono così ben preparate secondo me ad assumersi le loro responsabilità di fronte ad un’epidemia del genere. La gente sta morendo a causa dell’epidemia di ebola, lo stesso governo lo sta dicendo e sta anche cercando di animare la gente al fine di poter sviluppare modi di comportamento che possano anche fermare l’estensione di questa epidemia.

D. - Una situazione complessa che rappresenta una nuova sfida per le missioni cattoliche nella regione. Come stanno operando i missionari in Kivu?
R. - Effettivamente è una sfida che trova il missionario preparato nel suo dovere di solidarietà con tutta la gente che ha sofferto. La gente adesso è in balia delle sette che si sviluppano e noi religiosi dobbiamo dirlo se sono coinvolti in queste situazioni che degradano la dignità dell’uomo nelle province del Kivu. Il missionario deve farsi solidale con la Chiesa cattolica in Congo, che ha sempre proclamato la parola della riconciliazione, della giustizia e anche della pace. In questi ultimi giorni, la Chiesa, assieme ad altre confessioni religiose sta portando davanti - all’Onu, negli Usa, in Canada, in Europa ed in Asia - un progetto di sensibilizzazione sulla situazione vera che il Paese vive, sulla pace necessaria anche allo sviluppo. Dice “No” alla balcanizzazione del nostro Paese, perché noi congolesi vogliamo che rimanga unito e indiviso.







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