2012-09-20 14:50:57

Tornano al lavoro i minatori di Marikana. "Tante le ripercussioni politiche" secondo il vescovo anglicano di Pretoria


Sono tornati al lavoro i minatori di Marikana, in Sudafrica, dopo l’accordo con la società Lonmin, che prevede un aumento del 22% del salario e un’indennità una tantum di 250 dollari per le sei settimane in cui è proseguito lo sciopero dei lavoratori. Le attività di estrazione di platino, però, riprenderanno solo nei prossimi giorni. Un risultato importante, raggiunto anche grazie alla mediazione dei leder religiosi locali. In primo piano l’impegno in questo senso del vescovo anglicano di Pretoria, Jo Seoka. La collega Linda Bordoni lo ha intervistato: 00:01:52:80

R. – My observation has been that...
Ho osservato davvero tanta gioia in loro per essere tornati a lavoro. Nessuno sembra essere stato riluttante nel farlo. Non credo che tutti siano felici, ma la maggioranza delle persone sono molto eccitate nel tornare a lavoro dopo sei settimane.

D. – A seconda della loro categoria, i minatori ricevono un aumento di stipendio differente: i trivellatori ricevono una percentuale più alta. Pensa che questa soluzione sia soddisfacente per tutti?

R. – Look, they got 22 per cent...
Hanno avuto un aumento del 22 per cento. In una situazione normale di aggiustamento di stipendio ciò sarebbe inusuale, ma questo è quello che hanno richiesto come incremento di stipendio. E questo farà sì che sia molto difficile per l’industria, in futuro, gestire le richieste dei lavoratori al di fuori di una negoziazione.

D. – I minatori sono sempre stati strumentali ad un cambiamento in Sudafrica, mi sto riferendo al 1986, quando hanno intaccato il sistema dell’apartheid con le loro proteste. Pensa che questo avrà delle ripercussioni politiche?

R. – It has a political repercussion in various ways...
Ha avuto varie ripercussioni politiche. Una è stata quella del cambiamento della legislazione, riguardante le relazioni con i lavoratori del Paese. Secondo, il Foro governativo dovrà cambiare i suoi processi per rendere partecipi i sindacalisti. Tutto ciò ridefinisce come il Ministero del Lavoro dovrà gestire queste questioni nel futuro. Poi, c’è il fatto che ci si aspetta dai ministri del governo che siano partecipi e che non parlino e basta. Durante questo sciopero, abbiamo chiesto al ministro del Lavoro di venire a parlare con gli scioperanti ed è stato molto di aiuto: gli hanno spiegato quali fossero i loro bisogni e hanno chiesto il suo intervento.

In Sudafrica, il comparto delle miniere è uno dei più importanti per l’economia nazionale. Lo stesso presidente Zuma ha denunciato perdite per decine di milioni di euro in seguito agli scioperi delle ultime settimane. Quanto una situazione del genere può pesare sugli equilibri sociali ed economici del Paese? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Riccardo Moro, docente di Politiche dello sviluppo presso l’Università di Milano:00:04:06:72

R. – Sugli equilibri economici probabilmente fino a un certo punto, nel senso che sicuramente la risorsa mineraria per il Sudafrica è preziosa, com’è preziosa per tutta la parte meridionale dell’Africa – pensiamo solo al rame in Zambia – e tradizionalmente è stata la vita: l’economia cosiddetta “estrattivista” è la vita di questi Paesi, esattamente come lo è stato per i Paesi latino-americani. Negli ultimi anni, però, il Sudafrica ha vissuto un cambiamento molto, molto consistente e con un’espansione anche di molti altri settori, tant’è che il Sudafrica è – in qualche modo - il centro economico, commerciale e in parte anche produttivo per tutta la zona dell’Africa meridionale.

D. - Ricordiamo, infatti, che il Sudafrica attira anche molti lavoratori dai Paesi limitrofi…

R. – Esattamente. In Sudafrica ci sono le sedi regionali e continentali della maggior parte delle compagnie multinazionali che operano in Africa; il Sudafrica è il ponte – anche dal punto di vista dei trasporti, specie l’aeroporto di Johannesburg – per le relazioni intercontinentali con molte altre parti del mondo: dall’Oceania all’Asia, alla stessa America del Sud e al mondo arabo. Quindi non vive di sole miniere! Credo, però, che possa essere particolarmente importante dal punto di vista sociale: il fatto che la Polizia abbia, in un momento in cui le manifestazioni sono degenerate, sparato contro i manifestanti, ricordando il dolore che la Polizia aveva provocato all’epoca dell’Apartheid, ha un valore simbolico fortissimo; non per nulla da parte del governo e del presidente Zuma c’è stato un impegno molto notevole per cercare di ricreare un clima di stabilità. Ci sono state le mediazioni anche da parte dei leader religiosi.

D. – Il ruolo di motore economico e politico che il Sudafrica svolge nel continente africano può essere messo in discussione da una macchia che resterà comunque nella storia di questo Paese, come l’eccidio di Marikana?

R. – Il Sudafrica è stato oggettivamente un faro straordinario per tutto il mondo per come è riuscito ad uscire dalla situazione dell’Apartheid. I tre giganti che il Sudafrica ha avuto e che sono Mandela, Tutu e De Klerk – l’ultimo presidente bianco – hanno scelto un percorso di riconciliazione nazionale e che è un qualcosa che verrà ricordato, studiato e che servirà di esempio e stimolerà anche – ed io non esagero a dirlo – nei secoli successivi, perché è un esempio assolutamente non scontato di uscita pacifica da una situazione estremamente drammatica. Io credo che proprio per questa ragione il Sudafrica si trovi ad affrontare una sfida, che è nazionale in questo momento, che è quella di utilizzare lo stesso metodo e lo stesso percorso per risolvere questo problema. Detto questo, l’eccidio di Marikana– pur nella sua gravità – non credo che possa mettere in discussione il ruolo del Sudafrica nel continente.

D. – Può essere un faro anche il fatto che i lavoratori abbiano preso coscienza della loro situazione e che siano riusciti poi, di fatto, ad ottenere l’innalzamento del tetto salariale?

R. – Io credo assolutamente di sì. La questione della sindacalizzazione e del riconoscimento dei diritti dei lavoratori è una questione che pare antica in Europa, ma che non è di fatto antica in altre parti del Pianeta. In Sudafrica è ciò che sta avvenendo, estendendo sempre di più il numero di persone a cui le tutele sono riconosciute e garantite. Il fatto che questo Paese abbia risolto in modo così virtuoso e che sia uscito in modo così virtuoso dall’Apartheid, non significa che tutti i problemi siano risolti o che non ci siano ulteriori conflitti sociale. Credo che esistano però tutti gli strumenti per affrontarli, rinnovando appunto quella che è stata l’esperienza della costruzione del nuovo Sudafrica.







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