Il cardinale Vegliò: la pietà popolare è uno strumento di evangelizzazione
"La pietà popolare continua ad essere una realtà viva, un fatto sociale importante,
un mezzo di evangelizzazione". E’ quanto ha affermato ieri il cardinale Antonio Maria
Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio dei Migranti e degli Itineranti, intervenendo
a Roma all’incontro della "Rete Mariana Europea", organismo che riunisce i responsabili
dei principali santuari del Vecchio Continente, il cui compito è quello di approfondire
le aspettative e sostenere il credo, di milioni di pellegrini che ogni anno visitano
questi luoghi di culto. Il servizio di Cecilia Seppia:
E’ il
Concilio Vaticano II a rivalutare e promuovere la religiosità popolare: quella fatta
di simboli e linguaggi particolari, di devozione, di feste patronali e pellegrinaggi,
di tradizione insomma radicata nella fede. Essa spiega il cardinale Vegliò nel suo
intervento alla Rete Mariana Europea, lungi dall’essere separata dalla liturgia, è
espressione legittima di una parte importante della grande famiglia cristiana, anzi
è l’ambito in cui, la Chiesa compie, realizza, la sua esigenza di universalità. Ancora,
essa risponde alla volontà di diffusione del messaggio di Cristo a tutte le genti,
ed è segno evidente dell’inculturazione del Vangelo in ciascun popolo. Non sempre
però, la valutazione della pietà religiosa è stata positiva in ambienti ecclesiali
e non, colpa - spiega il porporato - della secolarizzazione, che comportava il disprezzo
di un cristianesimo manifestato in forme esteriori, lo accusava di sfumature superstiziose,
di essersi allontanato dalla realtà, o peggio di alienarsi dall’impegno cristiano.
Nonostante tendenze volte a spegnere o eliminare le manifestazioni di religiosità
popolare essa, afferma il presidente del Pontificio Consiglio dei Migranti e degli
Itineranti, “continua ad essere una realtà viva, un fatto sociale importante e un’esperienza
spirituale apprezzabile, nella quale si manifesta la dignità teologica di cui essa
gode”. Queste manifestazioni non solo sono rimaste, ma sono anche cresciute quanto
a numero e partecipazione.
Nella rivalutazione che la pietà popolare ha sperimentato
a partire dagli anni ‘70 ha influito positivamente anche la constatazione dell’importanza
che la pietà popolare aveva avuto nella cosiddetta “Chiesa del Silenzio”, sottomessa
a “regimi di tipo totalitario e contrari ad ogni manifestazione pubblica della religione.
Lì, ha aggiunto il cardinale Vegliò, questa pietà aveva offerto canali per trasmettere
il messaggio evangelico e conservare la fede dei credenti. In questo processo di stimolo
e orientamento, fondamentale il ruolo esercitato dal Magistero ecclesiale, il contributo
dei vescovi latino americani. Paolo VI fu il primo a considerarla un mezzo di evangelizzazione
e un elemento importante per la crescita spirituale dei cristiani. Da parte sua, il
Beato Giovanni Paolo II, la definì “un canale privilegiato per l’unione con Dio e
con gli altri e una testimonianza della fede cattolica che si fa cultura”. “Essa -
ripeteva accresce la coscienza di appartenere alla Chiesa”. Sulla stessa linea si
pone il Magistero di Benedetto XVI, come si coglie nei diversi interventi e nelle
visite pastorali che il Papa ha realizzato ad importanti santuari. In questo contesto
– dichiara il cardinale Vegliò - è giusto menzionare la Giornata delle Confraternite
e della Pietà popolare, che avrà luogo il prossimo 5 maggio in occasione dell’Anno
della Fede e darà modo di riflettere su alcuni spunti importanti perché anche oggi,
la pietà religiosa, sia volta ad educare i fedeli alla maturità cristiana. In particolare
rispetto ai pellegrinaggi, conclude, “bisogna cogliere la capacità di convocazione
che li caratterizza; curare l’accoglienza che offriamo; aiutare il pellegrino a scoprire
che il suo cammino ha una meta”.