2012-09-18 15:41:10

Scuola: 775mila studenti sono stranieri ma il 44% è nato in Italia


Aumentano di almeno 36 mila unità gli studenti in Italia: nel nuovo anno scolastico, appena iniziato, sono quasi otto milioni. In diverse zone d’Italia, si sono registrati problemi di organizzazione dell’organico o di fondi per la manutenzione delle strutture. Ci sono state manifestazioni di protesta in Sardegna, in Lombardia, nel centro Italia. A Bologna gli studenti sono scesi in strada con lo slogan: “Scuola, siamo alla frutta”. Problemi strutturali a parte, c’è la sfida dell’integrazione nelle nuove società che sono sempre più multietniche. Sono 755 mila gli studenti che hanno cittadinanza non italiana anche se, a ben guardare, oltre il 44% di loro è nato su territorio italiano. Di integrazione, in particolare del dibattito intorno a una ipotetica quota di percentuale di stranieri da fissare per ogni classe. Fausta Speranza ha parlato con il presidente dell’Associazione nazionale presidi, Giorgio Rembado:RealAudioMP3

R. – Se ne è parlato in molte occasioni e talvolta anche in Ministero, col precedente ministro. Debbo dire che io sono sempre stato contrario a definire astrattamente questi criteri: non esiste - a mio avviso - un rapporto ottimale e una soglia invalicabile fra il numero degli studenti stranieri e il numero degli studenti italiani. Però, certamente, se si tratta di integrazione, viene spontaneo pensare che ci vogliono un po’ degli uni e un po’ degli altri.

D. – Ribadiamo che è sempre una risorsa il diverso e l’altro. La questione, semmai, è solo ed esclusivamente la difficoltà della lingua e quindi la difficoltà d’integrazione dovuta alla lingua…

R. – I ragazzi stranieri lo sono quando riescono finalmente a comunicare reciprocamente: allora, da quel momento lì in poi lo diventano. C’è bisogno di professionalità matura e di professionalità qualificata. Per dare una risposta sul piano tecnico a questo problema, bisogna valutare le competenze tecnico-professionali che la singola scuola può mettere a disposizione o ha nel proprio - diciamo così - patrimonio istituzionale. Parlo di mediatori culturali, insegnanti di italiano per stranieri, o di tecnologie da mettere a disposizione. Tutto dipende, quindi, dall’organizzazione scolastica: se ci sono competenze adeguate, si può commisurare alle stesse il numero delle persone da inserire. Questo è quello che conta. Ovviamente, se queste competenze professionali ci sono nella scuola, si può fare l’inserimento, altrimenti non si dovrebbe fare.

D. – Nella sua visione di insieme, come presidente dell’Associazione nazionale presidi, ci sono effettivamente queste risorse nelle scuole o ci sono serie problematiche?

R. – Non è che si sono nelle scuole a prescindere: in alcune scuole ci sono sicuramente e sono anche adeguate e qualificate, perché spesso sono risorse che le scuole stesse hanno creato al loro interno: dal momento che hanno avuto il problema, lo hanno dovuto affrontare e nel corso degli anni si sono attrezzate per dare una risposta. In altre, invece non c’è per niente. Noi abbiamo una rigidità di organici, nel senso che il corpo docente viene mandato alle scuole anziché essere scelto da parte delle stesse scuole. Dunque, in qualche caso c’è e in qualche altro caso non c’è. E’ una cosa che per certi versi non vorrei dire del tutto casuale, ma insomma non preordinata.

D. – Questo, però, mostra una scuola a "macchia di leopardo" in Italia, invece che di scuole tutte omogeneamente organizzate…

R. – Io sono d’accordo con lei, ma bisogna vedere se vogliamo parlare di una scuola che esiste con i suoi problemi, oppure della scuola che vorremmo che ci fosse.

D. – Nella sua esperienza, è vero che la gente, le classi, le famiglie hanno risposto sostanzialmente bene a questo ingresso sempre più consistente di stranieri, che fa parte di tutta l’evoluzione della società multiculturale, più di quanto forse gli stereotipi dei media raccontino?

R. - Io credo proprio di sì e la vorrei mettere in questi termini: a una diffidenza aprioristica subentra poi, con il contatto con la realtà, non solo una accettazione ma anche una comprensione del fatto che il problema, se ben gestito - e ribadisco con le competenze professionali adeguate - può essere una modalità di arricchimento per tutti.







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