Siria, continuano i combattimenti. Il giurista Conforti: in questi casi il diritto
internazionale fallisce
Continuano i combattimenti in Siria: almeno 18 le persone uccise nelle ultime ore,
in maggioranza nella regione di Aleppo, mentre si registra un nuovo picco nel numero
dei rifugiati. Secondo le Nazioni Unite sono ormai oltre 250 mila i siriani che hanno
lasciato il Paese. E dall’Onu è arrivato ieri un nuovo appello di Ban Ki-Moon: il
segretario generale si è detto “profondamente preoccupato dal degrado della situazione
umanitaria” ed ha detto 'no' all’impunità per i responsabili di crimini di guerra
di entrambe le parti. Ma quanto è praticabile un'azione giuridica mentre le ostilità
sono in corso? Davide Maggiore lo ha chiesto a Benedetto Conforti, professore
emerito di Diritto internazionale dell’Università “Federico II” di Napoli:
R. – Non vedo
come per il momento si possa portare davanti alla Corte penale internazionale i capi
sia da una parte che dall'altra. Si è fatto anche per Gheddafi durante la guerra civile
ma sono dichiarazioni che dal punto di vista giuridico hanno poco senso, ne hanno
molto dal punto di vista morale.
D. – Queste parole degli alti responsabili
dell’Onu non rischiano a questo punto di avere solo un valore esortativo e nessun
effetto pratico?
R. - Giuridicamente lasciano purtroppo il tempo che trovano…
Un intervento militare, quello è il problema. Però l’intervento militare giuridicamente
può essere svolto soltanto su decisione del Consiglio di Sicurezza, che per i veti
della Russia e della Cina non riesce in questo caso a decidere. Ci sono Stati come
la Francia che dicono: allora interveniamo noi. Questo giuridicamente non è possibile.
C’è nella dottrina più che nella prassi la tesi che si possa intervenire per proteggere
le popolazioni civili, però non si è mai affermata. Si può solo dire che il diritto
internazionale in questo settore fallisce e possono entrare in gioco solo valutazioni
etiche.
D. - D’altra parte, abbiamo accennato al caso di Gheddafi, contro il
quale il Tribunale penale internazionale ha emesso un mandato durante le ostilità
in Libia: ma si disse che una mossa del genere aveva reso più dura la posizione del
regime libico. Nel caso accadesse per la Siria, ci sarebbe anche per quella situazione
questo rischio?
R. - C’è questo rischio e in più finché uno di questi ‘signori’
sta nel suo Paese e ancora ha una forza militare che lo sostiene, chi lo va a prendere?
La Corte penale internazionale l’ha fatto anche per il Sudan ma purtroppo è molto
imbrigliata, perché una persona incriminata si deve trovare in un Paese in cui può
essere prelevato. Ma finora la Corte penale internazionale purtroppo non riesce a
incidere seriamente.
D. – Realisticamente parlando, quanto è probabile una
soluzione diplomatica per quanto riguarda la questione siriana? La Russia ha chiesto
una conferenza sul modello di quella che risolse il conflitto civile libanese…
R.
– Questa è una valutazione politica più che giuridica, ma ho l’impressione che per
ora prospettive serie non ce ne siano, però sarebbe altamente auspicabile.