Ground Zero ricorda l'11 Settembre. In Afghansitan i talebani parlano di sconfitta
totale per gli USA
Giornata di commemorazioni oggi negli Stati Uniti in occasione dell’undicesimo anniversario
dell’attacco alle torri gemelle. A Ground Zero, come ogni anno, risuoneranno i nomi
delle circa tre mila vittime, mentre il presidente Obama parteciperà ad una cerimonia
al Pentagono. Ora l'America "è più forte” ha detto il Capo della Casa Bianca ricordando
che Al Qaeda è stata decimata. I talebani, dal canto loro, hanno risposto che l’America
ha usato come pretesto l’11 settembre e che rischia una “sconfitta totale” in Afghanistan.
Intanto, si assiste alla recrudescenza delle violenze in Afghanistan come in Iraq,
con una lunga serie di attentati che conferma i due Paesi tra i più instabili e pericolosi
del panorama internazionale. Una situazione nata proprio dopo gli attentati dell’11
settembre 2001. In particolare, sulla situazione nel Paese nel Golfo, Salvatore
Sabatino ha chiesto un’analisi ad Andrea Margelletti, direttore del Centro
Studi Internazionali:
R. – Il problema
è che bisogna ricostruire un Paese e non soltanto pensare di mettere in sella l’uomo
più forte. I problemi settari in Iraq sono endemici e finché non verrà risolto il
problema di fornire ai sunniti uno sbocco economico, rispetto alle capacità di vendita
di petrolio che hanno gli sciiti e i curdi, questo problema permarrà.
D. –
C’è una situazione di emergenza anche in Afghanistan, dove proseguono gli attentati
dei talebani: anche questa è una situazione fortemente critica?
R. – E’ una
situazione difficilissima, ma è una situazione che necessita ancor di più attenzione.
In particolare il nostro Paese è un partner di riferimento per gli afghani e l’eccellente
lavoro che si sta facendo nell’area di Herat lo dimostra: hanno bisogno di sentire
accanto a loro degli alleati coerenti e di lungo periodo.
D. – E intanto si
può dire che la Comunità internazionale, in questo momento, forse perché tutta l’attenzione
è tutta concentrata sulla Siria, si sia un po’ distratta rispetto a queste due crisi…
R.
– Direi che in molte realtà, dove i problemi politici interni rappresentano il modello
di politica estera, la Siria sta diventando una sorta di nuova Libia. L’Unione Europea
è il vero grande mistero della politica internazionale: tutti parlano di Unione Europea,
tutti parlano di voglia di Europa, poi al momento opportuno, al momento giusto di
prendere delle decisioni, ciascuna nazione ancora adesso gioca la propria partita.
Per quanto riguarda gli Stati Uniti, è un anno elettorale e tutto quello che è illogico
diventa logico. Bisognerà quindi aspettare il post-novembre per poter dare un giudizio
sul futuro dei prossimi quattro anni dell’amministrazione americana in termini di
politica internazionale.
D. – Possiamo, però, dire che gli Stati Uniti sono
stati in primo piano per quanto riguarda le crisi in Afghanistan e in Iraq: questo
quanto potrebbe danneggiare Obama?
R. – Credo che in questo momento più che
la politica estera negli Stati Uniti ci sia la necessità di avere una amministrazione
che abbia le idee chiare in tema di che cosa avviene a casa propria. L’amministrazione
Obama aveva creato molte, moltissime aspettative e forse non è stata così brillante
quanto i suoi elettori si auspicavano.