Ground Zero ricorda l'11 Settembre 2001. Obama: l'America è più forte
Giornata di commemorazioni ieri negli Stati Uniti in occasione dell’undicesimo anniversario
dell’attacco alle Torri gemelle a New York, al Pentagono a Washington e del dirottamanento
dell'aereo schiantatosi in Pennsylvania. A Ground Zero, come ogni anno, risuoneranno
i nomi delle circa tre mila vittime, mentre il presidente Obama parteciperà ad una
cerimonia al Pentagono. Ora l'America "è più forte” ha detto il Capo della Casa Bianca,
ricordando che Al Qaeda è stata decimata. Massimiliano Menichetti ha raccolto
il commento della storica, Elisabetta Vezzosi, autrice del libro “Oltre il
secolo americano? Gli Stati Uniti prima e dopo l’11 settembre” edito da Carocci:
R. – Le conseguenze
all’impatto sono state enormi. Pensiamo soltanto nel primo mandato di George W. Bush
quanto ha pesato l’11 settembre non solo in termini di popolarità del presidente ma
anche in termini di politica estera, ovvero la guerra senza fine al terrorismo e la
fine di fatto, in quel periodo, dei rapporti transatlantici. La rottura con molti
Paesi dell’Europa, a cominciare dalla Germania e dalla Francia, che non si sono iscritti
nell’ambito della “guerra al terrore” così come gli Stati Uniti l’hanno voluta condurre.
D.
– Per la prima volta gli Stati Uniti l’11 settembre 2001 si sono sentiti colpiti nel
loro cuore?
R. – Hanno conosciuto la paura, hanno conosciuto il vuoto, perché
come sappiamo gli Stati Uniti non erano mai stati attaccati sul loro territorio se
non dal Giappone, nella seconda guerra mondiale, con l’attacco a Pearl Harbour che
è nelle Hawaii, ma mai c’era stato un attacco al cuore economico, politico e strategico.
D.
– Dopo il 2001 accadde una cosa mai vista prima negli Stati Uniti ovvero una forte
compressione dei diritti civili nel territorio americano…
R. - Sì, assolutamente,
perché a fronte di una legge, il “patriot act”, che è stata varata circa un mese dopo
gli attacchi dell’11 settembre, tutti i cittadini americani hanno subito controlli
di ogni genere, abolizione della privacy, possibilità di essere incarcerati senza
diritto di difesa, controlli telefonici a tappeto; tutti hanno però hanno accettato
questo in nome della sicurezza e questo stato di cose è durato a lungo.
D.
– Iraq e Afghanistan sono due fronti ancora aperti, la politica di Obama è stata quella
di cercare di uscire da questo scenario…
R. – Obama ha cercato di ritirarsi
dai due scenari di guerra, l’ha fatto con l’Iraq, lo sta lentamente facendo con l’Afghanistan.
Si è scontrato poi negli ultimi anni con la posizione che gli Stati Uniti hanno dovuto
assumere rispetto alle “primavere arabe”. C’è stato un momento forte che è stata la
cattura di Osama Bin Laden, che fra l’altro ha ridato al presidente un aumento della
credibilità, del consenso. Oggi Obama si trova ad affrontare anche il problema della
Siria, in generale una situazione mediorientale complessa, con un rapporto ambivalente
con Israele. In questo senso Obama è in una situazione difficile, ma questa è anche
l’Amministrazione che ha ritrovato l’armonia transatlantica ed un accordo sostanziale
con tutti i Paesi europei.
D. - L’orrore dell’11 settembre, le guerre che sono
seguite… Dopo 11 anni in che termini il mondo è cambiato?
R. – Certamente è
più consapevole dei problemi sul tappeto. E’ stato decostruito questo concetto di
“scontro di civiltà” che come tutti ricordiamo è stato coniato e molto usato nella
prima fase post 11 settembre. I temi oggi sono quelli del rapporto con l’islam, con
l’islam moderato, con la costruzione di società democratiche. Certamente oggi l’Amministrazione
Obama ha recuperato quell’atteggiamento multilaterale in politica estera che l’Amministrazione
Bush aveva completamente rigettato all’indomani dell’11 settembre, facendo prevalere
in politica estera un atteggiamento assolutamente unilaterale.