Gli israeliani condannano gli atti vandalici al monastero di Latrun
La comunità cristiana di Terra Santa resta in allerta dopo l’ultima aggressione contro
il monastero trappista di Latrun, a 15 km da Gerusalemme: nei giorni scorsi il portone
è stato incendiato mentre sui muri sono stati scritti messaggi blasfemi. Non si tratta
solo di un semplice atto di provocazione da parte di gruppi oltranzisti ebrei, afferma
Giorgio Bernardelli, esperto di Medio Oriente, al microfono di Emanuela
Campanile:
R. – No, qui
siamo veramente a gesti di violenza. Poche settimane prima c’era stato un vero e proprio
assalto, non contro le persone, ma contro le cose, a Betfage, in un complesso residenziale
cristiano, in una zona araba di Gerusalemme Est. Si tratta veramente di raid e non
di semplici provocazioni, ma la cosa più grave è che purtroppo sono violenze ripetute.
E’ ormai dall’inizio del 2012 che di tanto in tanto accadono questi episodi.
D.
– Le autorità israeliane si sono pronunciate in proposito?
R. – C’è stata una
condanna immediata da parte di tutti, a partire dal premier Netanyahu. Ci sono stati
molti gesti di solidarietà da parte degli israeliani, che si sono recati a Latrun
per testimoniare la loro vicinanza ai monaci trappisti, anche perché Latrun è davvero
una realtà molto nota in Israele e uno dei posti dove si è più all’avanguardia nel
dialogo ebraico-cristiano, per cui brucia ancora di più questo tipo di attacco. Il
problema, però, molto grave, che hanno sottolineato i vescovi della Terra Santa, e
l’Assemblea degli ordinari cattolici che ha emesso questa volta un comunicato molto
fermo, è il fatto che ci sono queste prese di posizione e di condanna, anche molto
forti, ma il problema è che i responsabili di questi atti non vengono mai assicurati
alla giustizia. Non c’è stato alcun processo, alcuna indagine che abbia portato alcun
frutto e questo – denunciano i vescovi – è molto grave, perché dà l’idea delle connivenze
su cui questi movimenti violenti possono contare, soprattutto all’interno dell’esercito
e della polizia israeliana.
D. – C’è un po’ l’intento di negare la presenza
dei cristiani in Terra Santa?
R. – Assolutamente sì. Il problema è l’atteggiamento
che sta dietro, che porta appunto a guardare alla presenza dei cristiani come ad una
presenza ostile, come ad una presenza che rappresenta una minaccia nei confronti dell’attaccamento
alla terra da parte degli ebrei e, come sottolineano i vescovi e il custode di Terra
Santa, padre Pizzaballa, è il tipo di mentalità che sta dietro e che purtroppo viene
propugnata da troppe parti in alcuni tipi di scuole in Israele.
D. – Quindi
si sta registrando un’escalation anche d’insofferenza in alcune persone...
R.
– Io ho l’impressione che piuttosto siamo di fronte ad un nodo che viene al pettine,
perché questo atteggiamento di ostilità in alcune frange – ripetiamolo bene, non stiamo
parlando dell’atteggiamento generale della popolazione di radice ebraica in Israele,
ma di alcune fasce ben precise all’interno del movimento più oltranzista dei coloni
– è un fatto che dura da tempo. E’ venuto il momento di affrontare questo problema
in maniera seria.